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Salone del libro 2014 – il mio resoconto (seconda parte)

La folla in sala professionale… Ci sono anch’io in un angolino. foto @l’AutoreInvisibile

Ed eccoci alla seconda parte del mio resoconto sul Salone del libro di Torino; se vi siete persi la prima la trovate qui. Siccome venerdì non ho partecipato all’incontro Tradurre Harry Potter (va bene, lo ammetto, non l’ho neppure mai letto: lo so, lo so, non ditemi niente) ma magari a qualcuno interessa sapere com’è andato, aggiungo anche il link all’articolo di Bookblog che ne parla. Passiamo ora ai seminari di sabato.

Un incontro che mi interessava molto e che alla fine ha fatto un po’ discutere è stato Valutare un saggio di traduzione. Le prove di traduzione sono sempre un argomento spinoso, ma se Grazia Giua di Einaudi ed Ena Marchi di Adelphi hanno cercato di spiegare i loro criteri per valutarle, mentre Federica Magro di RCS ha parlato poco delle prove e molto dei service editoriali, argomento non proprio inerente al tema del seminario. Ma andiamo con ordine.

Grazia Giua ha segnalato alcune parole chiave: responsabilità, nel senso che un editore deve assegnare le prove in modo mirato, a fronte di un incarico reale, dato che un traduttore può essere ottimo per un certo libro e inadatto a un altro; mentre la responsabilità del traduttore è principalmente l’autorialità, ossia consegnare una prova svolta interamente da lui/lei, e non imbrogliare solo per ottenere l’incarico. Investimento: la prova è un costo per tutti, in termini di tempo e denaro, ma l’editore la fa per crearsi un network di traduttori a cui attingere anche per altri testi. Remunerazione: il traduttore ha il diritto di ricevere un feedback ragionato, anche nel caso non venisse scelto. Mediazione: fondamentalmente il dilemma della correttezza formale vs. l’espressività di un testo in traduzione.

Anche Ena Marchi crede nel rapporto stretto fra editor e traduttore, e nell’ambito dei corsi di traduzione preferisce quelli che permettono un rapporto tutoriale fra “esperto” e “allievo” (che poi è il principio base del corso Tradurre per l’editoria di La Matita Rossa, non per farmi pubblicità :P ). Sapere perché si sbaglia è fondamentale, ed essere “bocciati” a una prova di traduzione vuol solo dire che non eravamo adatti a quel libro in particolare, non vengono messe in dubbio le nostre capacità traduttive (non sempre, insomma). È possibile inoltre richiedere una seconda prova, perché la traduzione non è una scienza esatta: può darsi che un altro libro si riveli più congeniale alla nostra voce.

Ha poi preso la parola Federica Magro, che ha voluto spostare il discorso sulla saggistica, ma senza affrontare il tema delle prove di traduzione. Il suo consiglio per gli aspiranti traduttori di proporsi ai service editoriali, di cui molte case editrici fanno largo uso, mi ha lasciata un po’ perplessa. La sensazione è che gli editori siano completamente scollegati dalla vita reale dei traduttori e non sappiano che questi service, che garantiscono traduzioni veloci e a costi contenuti, pagano i traduttori un pezzo di pane e li fanno lavorare con tempistiche disumane. Per fortuna è intervenuta una traduttrice, di cui purtroppo non ho afferrato il nome, che ha sottolineato questo aspetto poco pulito dei service. Federica Magro ha tentato di recuperare assicurando che loro si rivolgono a service molto seri, ma in sala si percepiva un certo scetticismo. Del resto, già i traduttori vengono pagati poco se lavorano direttamente per gli editori, se c’è un passaggio in più (e sicuramente il service qualcosa ci deve guadagnare) quanto potrà convenire a un traduttore lavorare così?

L’incontro si è chiuso con un’ulteriore nota di pessimismo: alla domanda di Ilide Carmignani su come un giovane traduttore possa proporsi per una prova di traduzione, tutte e tre le editor hanno risposto: non cominciate da noi. Insomma, il caro vecchio “dovete avere esperienza, ma noi non ve la facciamo fare”. Un po’ di amaro in bocca, dunque, per un incontro che aveva grandi potenzialità ma che si è rivelato utile solo nella teoria di una situazione ideale, quella di un traduttore già affermato (ebbene sì, anche i traduttori già noti affrontano prove di traduzione, per capire se sono adatti a un libro in particolare). L’unica conclusione da trarre è che è meglio cominciare a proporsi alle case editrici medio-piccole.

L’incontro successivo era Tradurre il ritmo della prosa, con Franco Buffoni e Donata Feroldi. È stato molto interessante, anche se alcuni degli esempi proposti mi sono sembrati un po’ troppo aderenti all’originale, al contrario di quanto veniva detto durante l’incontro. In sostanza, il concetto è che il ritmo delle frasi è importante quanto il loro significato. Non bisogna riprodurre quello dell’originale, ma trovare il respiro del testo che stiamo producendo: il ritmo coincide con la soggettività, e l’incipit è il momento in cui questo respiro si manifesta. Esiste il discorso, non le singole parole, ed è in base a questo che dobbiamo trovare la musicalità del testo, a livello prosodico, di punteggiatura e di ordine delle parole. Anche le assenze, i vuoti, fanno parte del ritmo. Buffoni ha sottolineato che con “ritmo” non si intende il metro poetico: la differenza non è fra poesia e prosa, ma tra buona scrittura, che ha una sua musicalità, e scrittura mediocre.

Passiamo a L’italiano letterario delle redazioni editoriali, incontro che sono riuscita a seguire solo in parte. Giuseppe Antonelli ha sottolineato come il concetto di “giusto” sia diverso da quello di “esatto”: bisogna perseguire la precisione, non l’esattezza, che se portata all’estremo si trasforma in un “esattismo”. Ha anche ricordato come spesso per fare bella figura si tenda ad alzare il registro (effettuare al posto di fare, recarsi invece di andare, e così via), in nome di un perbenismo linguistico non troppo apprezzabile. Negli ultimi dieci-quindici anni, secondo Antonelli, si è andati verso una sorta di grammaticalizzazione della lingua, che viene spesso gonfiata in cerca di effetti speciali, atteggiamento tipico di chi non la conosce bene e cerca di darsi un tono.

È poi intervenuta Mariarosa Bricchi, che ha parlato di permeabilità della lingua: in un ambiente chiuso come una redazione si tende a creare un linguaggio interno condiviso da chi ci lavora. Le revisioni spesso riflettono l’idea di lingua che ha l’editor, ma bisogna esserne consapevoli e saper rispettare il lavoro altrui. È stato poi sottolineato che il congiuntivo non è in via d’estinzione, anzi, spesso viene usato a sproposito. In un testo, le parole non devono essere la veste ma il corpo: inutile abbellire, adornare, arricchire a sproposito se sotto non c’è nulla.

Ho poi seguito anche Tradurre Leonard Cohen, ma la traduzione di poesie non è decisamente il mio forte. L’incontro è stato interessante, ma mi è difficile farne un riassunto. Sono state lette alcune poesie in lingua originale e le loro traduzioni italiane, e Giancarlo De Cataldo e Damiano Abeni hanno raccontato alcuni aneddoti riguardo al loro lavoro di traduzione.

Per finire ho ascoltato Susanna Basso parlare di Tradurre Alice Munro, ma anche qui è impossibile trasmettere in poche parole tutto ciò che è stato detto da questa donna eccezionale. Per fortuna il testo dell’incontro è disponibile online sul sito della rivista Tradurre.

Sabato ho concluso la giornata letteraria andando in centro a Torino, a Il Camaleonte Piola, a sentire la seconda presentazione condotta dalla mia amica Lettrice Rampante. Stavolta toccava a Iddu. Dieci vite per il dio del fuoco, di Andrea Vismara, sempre di Spartaco Edizioni, e nonostante il pubblico non fosse numeroso – o forse proprio per questo – è stato bello, si respirava la voglia di conoscere storie nuove. Spesso i piccoli editori riservano belle sorprese, quindi non sottovalutiamoli, anche se molti non traducono.

Quest’anno non ho fatto il consueto giro per chiedere i contatti agli editori. Non perché credo sia inutile, ma perché al momento per fortuna sto lavorando parecchio, e in ogni caso ho ancora tutti i contatti raccolti l’anno scorso. Non ho neppure fatto molti acquisti, un po’ per via dei pochi sconti che si trovavano agli stand, un po’ perché tra un incontro e l’altro non ho avuto moltissimo tempo per girare. Anche se il bello del salone è proprio questo, perdersi fra pagine e copertine, magari evitando accuratamente gli stand dei grossi editori, che tra luci accecanti, fascette esagerate e copertine tutte uguali assomigliano più a centri commerciali che a poli culturali. Non tutto positivo al 100%, anche considerando che all’interno del Salone i cellulari prendevano a singhiozzo e internet pure, e la sala “professionale” (modificata dal terribile calco “professionali” dell’anno scorso, ma anche “sala professionale” non è che abbia molto senso) era difficile da trovare, piccola e rumorosa come al solito. Ma sono contenta di esserci andata.

Il mio Salone si è concluso domenica, anche se non sono riuscita a seguire l’evento che avevo in programma perché ho dovuto passare mezza giornata in casa editrice… Curiosi? Al prossimo post!

 

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Salone del libro 2014 – il mio resoconto (prima parte)

IMAG3076[1]Quando sono entrata al Salone del libro il primo giorno, giovedì, la cosa che mi ha subito colpita è stata il profumo della carta. Nei giorni successivi non l’ho più sentito, non so se per via della folla o perché mi ero ormai assuefatta, ma giovedì è stato come entrare in un enorme libro, col naso puntato in avanti e le narici che fremevano di piacere.

Avevo elencato gli incontri che mi sarebbe piaciuto seguire, ma per svariati motivi (perlopiù lavorativi, poi vi racconterò) ne ho saltati alcuni e aggiunti altri. Ecco dunque il resoconto del “mio” Salone del libro.

Giovedì ho saltato il primo incontro, Lavorare nell’editoria oggi, ma mi hanno riferito che non mi sono persa granché. Se qualcuno di voi c’era, batta un colpo e mi faccia sapere! Il primo incontro che sono riuscita a seguire è stato Traduttore e revisore a confronto. Matteo Colombo dialogava con Anna Nadotti sulla nuova traduzione del Giovane Holden appena uscita per Einaudi, e Chiara Spallino parlava con Elena Loewenthal di un libro su una famiglia ebrea, di cui purtroppo non ho afferrato il titolo. Tuttavia quest’ultimo intervento ha un po’ perso di vista l’argomento del seminario, concentrandosi sulle difficoltà della lingua ebraica, per poi essere eclissato dalla verve della coppia Colombo-Nadotti. Impossibile riassumere tutto ciò che hanno detto, dimostrandosi davvero appassionati e competenti, ma vi consiglio caldamente di dare un’occhiata al loro frizzante epistolario pubblicato sul sito Einaudi, in cui raccontano le varie fasi del loro lavoro di traduzione e revisione. Il dialogo con un buon editor è una parte meravigliosa del lavoro di traduzione, ho avuto anch’io questa fortuna con il libro su cui sto lavorando al momento, e presto vi racconterò la mia esperienza.

Ma torniamo al Salone: dopo un primo giro fra gli stand, ho seguito La traduzione saggistica e scientifica divulgativa. Ho preso un bel po’ di appunti, ma cercherò di farla breve: Isabella Blum ha ricordato come per tradurre saggistica – ambito troppo spesso sottovalutato dagli aspiranti traduttori – sia necessario saper dominare il tema, che non vuol dire conoscerlo a menadito fin da subito ma saper svolgere ricerche appropriate. Bisogna sempre essere consapevoli delle proprie lacune, e saperle colmare. Ha poi sottolineato che spesso si fraintende la facilità del testo finale: scrivere in modo semplice e comprensibile comporta notevoli difficoltà. Enrico Casadei, di Codice edizioni, ha ribadito che a un buon traduttore di saggistica si richiede soprattutto versatilità, ossia la capacità di dominare testi che spesso riguardano discipline ibride. Non tutti i testi di saggistica sono settoriali al 100%, e del resto un esperto in una certa materia non è necessariamente un bravo traduttore. Occorre dunque essere in grado di sviluppare un metodo, più che specializzarsi in un campo circoscritto. Michele Luzzatto, di Bollati-Boringhieri, ha elencato tre capacità fondamentali per un traduttore di saggistica: prima di tutto saper scrivere bene in italiano, poi conoscere abbastanza bene l’argomento di cui si parla e avere una cultura abbastanza ampia, e solo in ultima posizione conoscere la lingua di partenza. Anche Michele Riva ha parlato di competenze e della capacità di ricercare fatti e informazioni, di sapersi muovere bene nell’argomento e di cogliere il modo in cui viene usata la lingua.

Il venerdì ho seguito Lo scrittore e i suoi traduttori – Barbara Ivancic dialoga con Ilide Carmignani, ma sinceramente questi incontri “monografici” non mi dicono un granché. È stato più interessante l’incontro successivo, Editori, lettori, traduttori: nuovi ruoli nell’esperienza digitale. Edoardo Brugnatelli ha dato qualche consiglio utile agli aspiranti traduttori: prima di tutto considerare gli e-book e l’autopubblicazione una risorsa, poiché pare che molti si mettano a scrivere in tarda età, abbiano grosse disponibilità finanziarie e sarebbero felici di vedere tradotte le loro opere. Un punto di partenza per scoprire autori da tradurre senza passare attraverso le case editrici è Babelcube, un sito internazionale che mette in comunicazione autori e traduttori. Ha poi consigliato di leggere questo articolo di Will Self sul Guardian e Is That a Fish in Your Ear? di David Bellos. Secondo Brugnatelli, inoltre, l’e-reader non avrà vita lunga perché è un apparecchio che permette di fare una sola cosa, mentre oggi la tendenza è di accentrare molteplici funzioni su un solo dispositivo. Di conseguenza, per un editore la concorrenza non saranno più gli altri editori, ma tutte le altre funzioni svolte da questi dispositivi: film, musica, giochi e distrazioni varie.

Ha poi parlato dell’acquisizione di aNobii da parte di Mondadori, ed è stato molto interessante sentire alcune delle novità che hanno intenzione di inserire sul sito: per esempio, nella scheda dei libri sarà possibile per il traduttore di una determinata opera inserire una propria nota alla traduzione. A me sembra una bellissima idea! Ci saranno poi dei collegamenti fra il sito e il proprio e-reader per inserire direttamente delle note durante la lettura. Insomma, secondo Brugnatelli, nonostante si sia parlato molto male di questa mossa, a Mondadori interessa aNobii più che altro perché sapere cosa dicono i lettori è una grande risorsa per un editore. Sarà vero? In ogni caso, un traduttore oggi deve essere più che mai in grado di dominare gli strumenti informatici e il web.

Per concludere il venerdì, sono andata a sentire la presentazione del libro Le giocatrici, di Marilena Lucente, pubblicato da Edizioni Spartaco, non tanto perché mi interessasse l’argomento quanto perché a presentare c’era la mia grande amica La Lettrice Rampante, che se l’è cavata alla grande :)

Mi rendo conto che questo post rischia di diventare infinito, quindi per oggi mi fermo qui. A prestissimo con la seconda parte del mio resoconto, riguardo agli incontri di sabato (domenica ero al salone ma non sono riuscita a seguire nulla).

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La traduzione al Salone del Libro 2014

Come spero tutti sappiate, questo fine settimana, da giovedì 8 a lunedì 12 maggio, si terrà il Salone Internazionale del Libro di Torino. Essendo uno dei principali appuntamenti del mondo dell’editoria in Italia, è un’occasione da non perdere. Come ho già detto più volte, per esempio nel mio report del Salone dell’anno scorso, le fiere del libro sono un appuntamento importante per i traduttori: per incontrare editori e addetti ai lavori, per sfogliare i libri, per immergersi nel mondo della letteratura e soprattutto per sentirsi meno soli. E non dimenticate che i traduttori entrano con lo sconto!

Anche quest’anno, infatti, sono numerosi gli incontri dedicati alla nostra professione, quasi tutti a cura dell’Autore Invisibile di Ilide Carmignani e della rivista Tradurre di Paola Mazzarelli.

Ecco il link a cui potete trovare tutti gli incontri sulla traduzione: http://www.salonelibro.it/it/programma/categoryevents/4519-Tipologie.html

Poiché quest’anno il sito non mi sembra fatto un granché bene, nel senso che non è molto chiaro di cosa tratteranno i singoli seminari, mi sono fatta un elenco personale di quelli che probabilmente seguirò, e se ci sarete vi invito a battere un colpo! Ecco quando pianterò le tende nella Sala Professionali (e già su questo “professionali” ricalcato dall’inglese ci sarebbe molto da discutere…). Ovviamente si tratta di scelte personali e mi riservo di cambiare idea all’ultimo momento, aggiungendone o togliendone qualcuno a seconda della voglia che avrò di sedermi ad ascoltare o di perdermi fra gli stand.

GIOVEDÌ 8 MAGGIO

Ore 12 – Sala professionali
Lavorare nell’editoria oggi
Rossella Bernascone, Luisa Capelli, Ilide Carmignani, Richard Dixon, Marina Morpurgo

Ore 14 – Sala professionali
Traduttore e redattore a confronto
Ilide Carmignani, Matteo Colombo, Elena Loewenthal, Anna Nadotti, Chiara Spallino

Ore 17 – Sala professionali
La traduzione saggistica e divulgativa
Isabella Blum, Ilide Carmignani, Enrico Casadei, Michele Luzzatto, Michele Riva

Ore 18 – Spazio autori
Daniele Petruccioli alla rincorsa di Dulce Maria Cardoso (Voland)
Paola Mazzarelli, Daniele Petruccioli

 

VENERDÌ 9 MAGGIO

Ore 15 – Sala professionali
Editori, lettori, traduttori: nuovi ruoli nell’esperienza digitale
Edoardo Brugnatelli, Sandra Furlan

 

SABATO 10 MAGGIO

ore 11.00 – Sala Professionali
Valutare un saggio di traduzione
Ilide Carmignani, Grazia Giua, Federica Magro, Ena Marchi

ore 12.30 – Sala Professionali
Tradurre il ritmo della prosa
Franco Buffoni, Donata Feroldi

ore 14.00 – Sala Professionali
L’italiano letterario delle redazioni editoriali
Giuseppe Antonelli, Mariarosa Bricchi, Ilide Carmignani, Alberto Rollo

ore 16.30 – Sala Professionali
Tradurre Alice Munro
Susanna Basso

 

DOMENICA 11 MAGGIO
ore 13.00 – Sala Blu
Traduttore, traditore? Tradimento, gradimento! – Grandi ospiti
Lectio magistralis di Douglas Hofstadter

 

Buon Salone a tutti!

 

 

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Translation Slam a Bookcity Milano

Era un po’ che non partecipavo a un incontro sulla traduzione. Ma quando ho scoperto che nell’ambito di Bookcity Milano si sarebbe svolta una sorta di sfida tra due affermate traduttrici, che si sarebbero confrontate su un brano inedito spiegando e difendendo le proprie scelte, non ho esitato neppure un attimo.

E così, eccomi nella bella cornice della sala del Grechetto, nella biblioteca comunale centrale di Palazzo Sormani in via Sforza 7. Il pubblico è abbastanza numeroso, ma ordinato e attento. Patrocinato da AITI, l’incontro prevede la discussione su un brano inedito di Jamie Ford, l’autore di Il gusto proibito dello zenzero (suvvia, non è colpa dei traduttori se ultimamente i titoli in libreria sono tutti uguali! Io però devo ammettere che, irritata da questa mania, me ne sono tenuta alla larga) e del nuovo Come un fiore ribelle.

Prende la parola Marina Beretta, che introduce e coordina la sfida tra Annamaria Raffo e Roberta Scarabelli. Oltre all’autore, coadiuvato da un’interprete dell’AITI, è presente anche Alba Mantovani, traduttrice di Come un fiore ribelle.

Si parte con un’introduzione sulle tematiche e sullo stile di Jamie Ford, sul fil rouge che lega i suoi romanzi precedenti, ma che si rivela inapplicabile all’estratto che verrà discusso oggi, tratto dal prossimo libro di Ford. Alba Mantovani parla delle difficoltà che ha incontrato durante la traduzione di Come un fiore ribelle, e poi si parte con la sfida vera e propria. Ovviamente, le due traduttrici avevano lavorato a casa sul brano in questione. Sarebbe stato impensabile e poco utile tradurre “in diretta”.

Bando alle ciance, si comincia con una lettura del brano originale (in inglese) da parte dell’autore stesso, seguita da ciascuna delle due traduzioni letta dalla propria autrice. In questa fase il pubblico segue il testo originale sullo schermo a disposizione.

Siamo partiti con alcune considerazioni generali sulla differenza fra le due interpretazioni del testo: Raffo ha scelto consapevolmente un registro più piano, lineare, perché nonostante l’argomento sia altamente emotivo nel testo le emozioni non traspaiono, quindi ha scelto un linguaggio distaccato e le parole semplici che potrebbe usare una bambina qual era la narratrice all’epoca dei fatti; Scarabelli è rimasta il più possibile aderente al testo originale, facendosene guidare, a partire dal lessico, che fino a un certo punto manteneva una sorta di ambiguità rispetto a quanto stava accadendo e poi si faceva più crudo. Dopodiché è arrivato il momento di un’analisi dettagliata delle due traduzioni, frase per frase.

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La prima scelta che è saltata all’occhio di tutti è stata quella fra passato remoto (Raffo) e passato prossimo (Scarabelli): se Raffo ha scelto il classico tempo della narrazione, che si usa per avvenimenti lontani nel tempo, Scarabelli ha voluto sottolineare il fatto che, sebbene si parlasse dell’infanzia della narratrice, l’evento evidentemente la ossessionava ancora, ed era per lei molto vivido e presente. Le è venuto dunque spontaneo utilizzare il passato prossimo, e alla fine Raffo ha concordato con lei.

Laddove Raffo ha cercato di utilizzare un linguaggio semplice, adatto a una bambina, Scarabelli è rimasta più aderente al testo. Ha sottolineato che ricevere una cartella e mezza decontestualizzata è stata una sfida enorme, perché solitamente ci vogliono 30-40 pagine per “entrare” in un testo e sentire nell’orecchio il ritmo dell’autore.

Un altro esempio di differenza fra le due traduzioni è stato il caso delle onomatopee: se Raffo ha cercato dei verbi italiani che potessero sostituire i suoni corrispondenti, Scarabelli ha preferito mantenere le onomatopee, ma “italianizzandole”, ovvero non copiando pedissequamente com’erano scritte in inglese (sarebbero sicuramente sembrate “strane” all’orecchio del lettore) ma cercando dei suoni verosimili e più adatti a un testo in italiano.

Vi risparmio ulteriori esempi e casi particolari perché senza avere il testo completo sotto gli occhi è piuttosto inutile discuterne, mi limito qui a sottolineare che, indipendentemente dalle singole scelte che potevano essere più o meno azzeccate a seconda dei casi e del gusto personale, entrambe le traduzioni avevano un loro ritmo interno e coerente, a dimostrazione che non esiste la traduzione perfetta, esiste solo un’infinita combinazione di possibilità che devono risultare armoniche al loro interno.

Ovviamente la sfida non era tesa a capire chi fosse la traduttrice migliore tra Raffo e Scarabelli, entrambe professioniste di alto livello: è stata, credo, un’esperienza arricchente per entrambe e soprattutto per il pubblico. Jamie Ford, inoltre, era entusiasta e continuava a fotografare lo schermo con il confronto fra le due traduzioni, oltre al pubblico e a se stesso con la sua interprete. Una bella iniziativa di AITI all’interno di una manifestazione davvero ben organizzata.

 

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L’invisibilità del traduttore

signinvisibilityQuando si parla di “invisibilità del traduttore” ci si può riferire a molti concetti diversi.

Prima di tutto, è impossibile non citare il libro di Lawrence Venuti intitolato, appunto, “The Translator’s Invisibility” (pubblicato in Italia da Armando Editore, 1999, traduzione di M. Guglielmi). Nel testo, Venuti cita il traduttore americano Norman Shapiro, secondo il quale

“Una buona traduzione è come una lastra di vetro. Si nota che c’è solamente quando ci sono delle imperfezioni: graffi, bolle. L’ideale è che non ce ne siano affatto. Non dovrebbe mai richiamare l’attenzione su di sé.”

Il concetto di invisibilità rimanda dunque a un vetro perfettamente trasparente attraverso il quale il testo risulti “pulito”, perfetto, come se fosse stato scritto direttamente in quella lingua, scorrevole e senza alcun intoppo. Certo, non è esattamente una missione facile, ma bisogna sempre avere un ideale a cui tendere.

Purtroppo, questo concetto di “invisibilità” è stato esteso al traduttore come lavoratore. Sempre più spesso capita di ricevere proposte indecenti, di pochi spiccioli a cartella, che alcuni accettano perché “fa curriculum”. Ne avevo già parlato nell’articolo sulle proposte da non accettare mai. La situazione dei traduttori editoriali in Italia è piuttosto drammatica: sono ben pochi quelli che riescono a vivere di questa professione, e molto spesso le tariffe non sono degne di un lavoro così lungo e impegnativo: basta dare un’occhiata all’inchiesta sulle tariffe indetta da Biblit per rendersi conto del malcontento generale. Per i traduttori alle prime armi (o comunque per qualsiasi dubbio, che può venire anche ai più esperti) è bene fare riferimento al sito di STradE, che dispensa davvero tanti consigli utili per evitare soprusi e sfruttamenti.

Il concetto di invisibilità è stato ripreso anche da Ilide Carmignani per dare un titolo agli incontri sulla traduzione letteraria che ogni anno si svolgono al Salone internazionale del libro di Torino: ho già parlato in questo post degli interessantissimi seminari organizzati quest’anno da L’Autore Invisibile. Eh già, perché giovedì 16 maggio inizia il Salone! Ovviamente è un appuntamento importantissimo, se potete non mancate: le tavole rotonde e l’opportunità di parlare con gli editori (almeno quelli delle case editrici più piccole, di certo non troverete “il signor Feltrinelli” allo stand) sono davvero imperdibili.

Sul versante opposto dell’invisibilità del traduttore, avete letto la storia dei traduttori di Dan Brown rinchiusi in un bunker? Perquisiti all’entrata e all’uscita, sorvegliati da guardie armate, isolati dal mondo e con accesso limitato a Internet: più che un collettivo di traduttori ricorda una squadra costretta ai lavori forzati (con tanto di servizio a tutta pagina su TV Sorrisi e Canzoni, però: che fortunelli!). Non so che dire, spero almeno che li abbiano pagati molto bene, anche se non vedo comunque il motivo di un sequestro del genere, a parte gli ovvi fini pubblicitari: che fine ha fatto la fiducia nell’onestà professionale? Era proprio necessario “rapire” i traduttori e impedire loro persino di dire ai parenti dove si trovassero e per quale motivo? Certo, sicuramente il libro venderà moltissimo (a 25€ a copia poi, i guadagni saranno immensi…), ma a parte non essere un’amante del genere non riesco proprio a evitare che questa storia mi lasci l’amaro in bocca. E non certo per l’invidia!

Mi fanno giustamente notare che non ho citato i nomi dei traduttori di Inferno: per completezza dovrei citare tutti quelli che hanno vissuto l’esperienza nel bunker, ma qui mi limito a nominare Nicoletta Lamberti, Annamaria Raffo e Roberta Scarabelli, le traduttrici italiane. Gli altri nomi li trovate in questa intervista. Mi assicurano inoltre che le condizioni di lavoro erano professionalmente oneste e non ho alcun motivo di dubitarne. La mia perplessità riguarda soltanto la scelta degli editori, non certo quella dei traduttori, che sono professionisti e il cui lavoro ovviamente ha tutto il mio rispetto.

Come abbiamo visto, la parola “invisibilità” può avere tante sfaccettature per un traduttore: mettersi al servizio del testo senza che la nostra personalità lo influenzi, diventare un vero e proprio “autore invisibile”, ma anche dover combattere ogni giorno per i propri diritti e scoprire che pochissimi, quando leggono un libro tradotto, si rendono conto che le parole che hanno davanti agli occhi sono state accuratamente scelte da un traduttore, pur in accordo con quelle dell’autore.

Insomma, in un certo senso l’invisibilità sarà pure una condizione auspicabile per un traduttore, ma per altri versi è assolutamente necessario uscire dall’ombra e far sentire la nostra voce.

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Anticipazioni

LIBRO IN TRENOSolo un piccolo aggiornamento, anzi due.

Da questa settimana collaboro con il bellissimo blog Libri in Metro, per mettere nero su bianco quello che faccio da sempre, ovvero dare un’occhiata a cosa leggono i miei compagni di viaggio. Il mio primo pezzo uscirà venerdì, ma se non lo conoscete già vi invito a seguire fin da ora il blog, perché è molto carino e merita.

Secondo aggiornamento: come saprete, tra meno di un mese al Lingotto di Torino si terrà il Salone Internazionale del Libro. È un appuntamento da non perdere, sia per il piacere di girare tra migliaia e migliaia di volumi sia per conoscere vecchie e nuove case editrici e, perché no, provare a farsi avanti. È il posto ideale in cui scoprire nuove realtà editoriali, quindi non perdetelo!
A questo link trovate il programma completo. Se venite in treno da fuori Torino, Italo fa uno sconto di 15€ sul prezzo del biglietto di viaggio.

Di particolare interesse per i traduttori sono gli incontri organizzati da L’Autore Invisibile. Li riporto qui sotto, per comodità. Non mancate!

SALONE DEL LIBRO DI TORINO

l’AutoreInvisibile 2013

https://www.facebook.com/AutoreInvisibile

Giovedì 16 maggio

Ore 12 
Il contratto di edizione di traduzione
Intervengono: Elisa Comito (Strade)

Ore 14-16
Prima dopo e nel frattempo: il resto della filiera

L’agente
Rosaria Carpinelli (Consulenze Editoriali)

L’editor di narrativa straniera
Andrea Canobbio (Einaudi)

L’ufficio diritti
Cristina Foschini (GeMS)

L’ufficio stampa
Valentina Fortichiari (Longanesi)

Ore 16

Editoria in transizione: capire i cambiamenti per cogliere le  opportunità di lavoro
Intervengono: Mattia Carratello (Sellerio), Gioia Guerzoni, Anna Mioni (AC²), Roberta Scarabelli (A.I.T.I.)

Ore 17.30

A volte ritornano: nuova edizione riveduta e corretta Franca Cavagnoli

Venerdì 17 maggio

Ore 11

Come si fa una proposta editoriale
Intervengono: Simona Cives (Casa delle Traduzioni, Biblioteche di Roma), Angelo Molica Franco (Del Vecchio), Simona Olivito (E/O), Claudia Tarolo (Marcos y Marcos)

Ore 13.30

Prima dopo e nel frattempo: il resto della filiera

Il commerciale
Pietro Biancardi (Iperborea) e Marco Cassini (minimum fax)

Le librerie
Romano Montroni

Ore 14.30

Traduttore e redattore a confronto
Il re pallido di David Foster Wallace e Cicatrici di Juan José Saer
Intervengono: Giovanna Granato con Alessandra Montrucchio (Einaudi), Gina Maneri con Lorenzo Ribaldi (La Nuova Frontiera)

Ore 16.00

Translating fifty (and more) shades
Intervengono: Alessandra Bazardi (Harlequin), Martina Donati (Newton Compton), Federica Magro (Rizzoli), Joy Terekiev (Mondadori)

 

Sabato 18 maggio

Ore 11

Traduzione e riscrittura nella letteratura per ragazzi Cristina Brambilla (Piemme), Carlo Gallucci (Gallucci), Fiammetta Giorgi (Mondadori Ragazzi), Beatrice Masini (RCS)

Ore 13

Traduttore e redattore a confronto
Versioni di me di Dana Spiotta e Il barone sanguinario di Vladimir Pozner
Intervengono: Francesco Pacifico con Martina Testa (minimum fax), Giuseppe Girimonti Greco e Lorenza Di Lella  con Valeria Perrucci e Ena Marchi (Adelphi)

Ore 14.30

Il Dizionario delle Collocazioni
Paola Tiberii (Zanichelli)

Al termine Lorenzo Enriques annuncerà il nome del vincitore del Premio Zanichelli, Giornate della Traduzione 2013.

Ore 16

A volte ritornano: La signora Dalloway e La via del tabacco
Intervengono: Anna Nadotti (Einaudi), Luca Briasco (Fazi)

 

Domenica 19 maggio

Ore 11

Dizionari e traduzione: il nuovo WOW e l’Analogico
Intervengono: Anna Ravano con Monica Harvey Slowikowska e Donata Feroldi (Zanichelli)

Ore 12

Di cosa parliamo quando parliamo di traduzione Susanna Basso

Ore 14     

Scrittore e traduttore a confronto: Cuore di bestia (Keller)
Intervengono: l’autrice Noëlle Revaz e Maurizia Balmelli

A cura di Ilide Carmignani.

Gli incontri si terranno nella Sala Professionali o nella sala attigua. Per informazioni: www.salonelibro.it

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Come si diventa traduttori letterari?

Il dilemmaL’eterna domanda: come si diventa traduttori letterari?
Risposta banale e scontata: con le conoscenze.
Risposta un po’ meno banale e scontata: con la conoscenza.
E che differenza c’è? Vediamo di spiegarci meglio.

È verissimo che le conoscenze (in parole povere, i contatti) sono il primo mezzo per entrare nel mondo della traduzione editoriale. Ma non temete, non servono particolari raccomandazioni: i contatti si costruiscono a poco a poco, con pazienza, inserendosi il più possibile nell’ambiente.

Se frequentate un corso di traduzione, all’università oppure uno dei tanti che si trovano in diverse città italiane (alcuni più affidabili di altri, informatevi sempre prima di iscrivervi) sicuramente avrete l’occasione di entrare in contatto con alcuni “addetti ai lavori” che potrebbero rivelarsi conoscenze preziose o darvi consigli decisivi. Ma i contatti non bastano: bisogna conoscere approfonditamente il panorama letterario nazionale e internazionale, sapere chi pubblica cosa, scegliere la casa editrice giusta a cui proporsi. Ecco che entra in gioco la conoscenza: se ci si specializza in un determinato ambito è più facile essere presi in considerazione. Le case editrici ricevono centinaia di curricula al giorno: perché mai dovrebbero scegliere proprio il vostro, se non vi conoscono?

Una strategia vincente potrebbe essere quella delle proposte editoriali, a cui dedicherò a breve un post più approfondito. Per ora basti dire che spesso ricevere una proposta concreta è più gradito rispetto a un “anonimo” cv, anche se quest’ultimo vanta diverse esperienze, e invoglia le case editrici ad approfondire. Alcune addirittura hanno la precisa direttiva di prendere in considerazione soltanto i curricula che arrivano con una proposta editoriale, e cestinano tutti gli altri senza leggerli. Meglio dunque essere propositivi, stando sempre attenti a proporre libri che possano rientrare nel catalogo dell’editore a cui vi state proponendo: non lanciate proposte a caso, è tutta fatica sprecata.

Certo, queste sono belle parole, incoraggianti, ma come comportarsi se non si riceve mai, e dico mai, una risposta alle proprie e-mail? Domanda legittima che purtroppo non ha una risposta univoca. Come dicevo, è importante crearsi una rete di conoscenze frequentando il più possibile gli eventi, i seminari e le tavole rotonde dedicate alla traduzione editoriale: corsi, workshop, giornate della traduzione letteraria (le più importanti sono quelle di Urbino), incontri all’interno di festival come quelli di Pisa, Bologna, oltre ovviamente al Salone del Libro di Torino, sono ottime occasioni per incontrare editori, redattori e altri traduttori (è importantissimo frequentare altre persone che fanno questo mestiere, spesso sono vere e proprie miniere di consigli). È bene inoltre approfittare di queste occasioni per presentarsi, lasciare qualche cv o chiedere chi si occupa della selezione dei traduttori all’interno delle varie case editrici. Non siate timidi, buttatevi! Spesso il coraggio viene premiato (soprattutto se accompagnato da un minimo di faccia tosta: non siate arroganti, ma sicuri di voi stessi).

Per ora i consigli si fermano qui, per non annoiarvi troppo: a presto con un nuovo articolo!

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