Archivi del mese: giugno 2013

L’inchiesta di Biblit sulle tariffe

Chi segue anche la mia pagina Facebook avrà forse notato che pubblico spesso link relativi a Biblit. Ora, lungi da me fare pubblicità, anche perché sono una semplice iscritta e non seguo in prima persona le loro (ottime, lasciatemelo dire) iniziative, ma penso che chiunque voglia avvicinarsi al mondo della traduzione editoriale conosca – o dovrebbe conoscere – questo sito pieno di risorse con la relativa mailing-list.

Vorrei soffermarmi in particolare sulla loro inchiesta sulle tariffe, relativa al 2011 ma ancora molto attuale (sempre che nel frattempo le cose non siano peggiorate ulteriormente, il che è possibile). A chi non ha tempo di leggerla tutta consiglio di dare almeno un’occhiata alle slide che la riassumono. Cercherò comunque di toccarne i punti principali in questo post.

L’inchiesta ha coinvolto 272 traduttori editoriali che lavorano per committenti italiani, la maggior parte dei quali sono professionisti con una buona esperienza alle spalle.

Veniamo subito al sodo: la tariffa massima a cartella (2000 battute spazi compresi) si aggira in media tra gli 11 e i 15 euro, quella minima fra i 6 e i 12. Considerando che per tradurre una cartella  ci vuole un’ora o poco meno, si può subito dedurre come quella del traduttore editoriale non sia una professione molto remunerativa, anzi. La situazione è piuttosto tragica, dato che meno del 12% degli intervistati prende più di 20€ a cartella (diciamo all’ora, per rendere l’idea, anche se ovviamente i traduttori non vengono pagati a ore). È ancor più deprimente fermarsi un attimo a riflettere su quanto guadagnano all’ora gli altri professionisti, o anche solo i lavoratori meno qualificati.

Come abbiamo già evidenziato, qui si tratta di professionisti con più di dieci anni di esperienza, e gran parte di loro ha un minimo di venti traduzioni alle spalle, quindi non sono proprio novellini ingenui, e questo la dice già lunga sulla situazione dei traduttori in Italia.

Le traduzioni dall’inglese e dallo spagnolo, così come la letteratura per ragazzi, sono quelle pagate meno. Le tariffe più basse (fino a 10 euro) vengono corrisposte dalle agenzie letterarie, mentre va un po’ meglio con le case editrici (11-15€) e molto meglio con le istituzioni e i privati (+30€). Ovviamente si tratta di medie, poi le eccezioni ci sono sempre.

Quasi tutti vengono pagati a cartella, mentre il discorso sulle royalties è più complicato: se vengono aggiunte al compenso “base” – e ciò accade molto di rado – sono piuttosto basse (dall’1 all’8%, ma in alcuni casi solo a partire da un certo numero di copie vendute), se invece rappresentano l’unico compenso previsto si aggirano sul 10% del prezzo di vendita. Generalmente, però, quest’ultima proposta arriva da piccoli editori che non vendono molte copie, quindi accettare è molto rischioso.

Un’altra nota dolente è rappresentata dal ritardo nei pagamenti: più del 35% ha dovuto sollecitare più volte il committente prima di ottenere il giusto compenso.

Interessanti anche i commenti finali dell’inchiesta, divisi tra chi ammette che pur di lavorare è disposto anche ad accettare tariffe basse e chi lamenta la perdita di contatti e di lavoro per non essersi piegato all’offerta di un compenso indegno.

Un quadro dalle tinte piuttosto fosche, dunque, ma ovviamente con questo post non intendo scoraggiare nessun aspirante traduttore editoriale (a quello ci pensano già i miei dieci motivi per non fare il traduttore).

Anche grazie all’impegno di Biblit e del sindacato STradE (prima o poi ne tesserò le lodi in modo un po’ più organico, ma è un’altra delle fonti di informazione che cito sempre) ultimamente le acque si stanno smuovendo un pochino: il problema della traduzione comincia a essere notato anche dai non addetti ai lavori e sono sempre più numerosi i lettori che si accorgono della qualità di una traduzione e scelgono libri e case editrici di conseguenza. Peccato che a volte dietro una traduzione anche discretamente buona si nasconda un traduttore malpagato. Le insidie sono molte, ma continuando a parlarne e a evidenziare il problema si spera che prima o poi qualcosa cambi.

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