L’invisibilità del traduttore

signinvisibilityQuando si parla di “invisibilità del traduttore” ci si può riferire a molti concetti diversi.

Prima di tutto, è impossibile non citare il libro di Lawrence Venuti intitolato, appunto, “The Translator’s Invisibility” (pubblicato in Italia da Armando Editore, 1999, traduzione di M. Guglielmi). Nel testo, Venuti cita il traduttore americano Norman Shapiro, secondo il quale

“Una buona traduzione è come una lastra di vetro. Si nota che c’è solamente quando ci sono delle imperfezioni: graffi, bolle. L’ideale è che non ce ne siano affatto. Non dovrebbe mai richiamare l’attenzione su di sé.”

Il concetto di invisibilità rimanda dunque a un vetro perfettamente trasparente attraverso il quale il testo risulti “pulito”, perfetto, come se fosse stato scritto direttamente in quella lingua, scorrevole e senza alcun intoppo. Certo, non è esattamente una missione facile, ma bisogna sempre avere un ideale a cui tendere.

Purtroppo, questo concetto di “invisibilità” è stato esteso al traduttore come lavoratore. Sempre più spesso capita di ricevere proposte indecenti, di pochi spiccioli a cartella, che alcuni accettano perché “fa curriculum”. Ne avevo già parlato nell’articolo sulle proposte da non accettare mai. La situazione dei traduttori editoriali in Italia è piuttosto drammatica: sono ben pochi quelli che riescono a vivere di questa professione, e molto spesso le tariffe non sono degne di un lavoro così lungo e impegnativo: basta dare un’occhiata all’inchiesta sulle tariffe indetta da Biblit per rendersi conto del malcontento generale. Per i traduttori alle prime armi (o comunque per qualsiasi dubbio, che può venire anche ai più esperti) è bene fare riferimento al sito di STradE, che dispensa davvero tanti consigli utili per evitare soprusi e sfruttamenti.

Il concetto di invisibilità è stato ripreso anche da Ilide Carmignani per dare un titolo agli incontri sulla traduzione letteraria che ogni anno si svolgono al Salone internazionale del libro di Torino: ho già parlato in questo post degli interessantissimi seminari organizzati quest’anno da L’Autore Invisibile. Eh già, perché giovedì 16 maggio inizia il Salone! Ovviamente è un appuntamento importantissimo, se potete non mancate: le tavole rotonde e l’opportunità di parlare con gli editori (almeno quelli delle case editrici più piccole, di certo non troverete “il signor Feltrinelli” allo stand) sono davvero imperdibili.

Sul versante opposto dell’invisibilità del traduttore, avete letto la storia dei traduttori di Dan Brown rinchiusi in un bunker? Perquisiti all’entrata e all’uscita, sorvegliati da guardie armate, isolati dal mondo e con accesso limitato a Internet: più che un collettivo di traduttori ricorda una squadra costretta ai lavori forzati (con tanto di servizio a tutta pagina su TV Sorrisi e Canzoni, però: che fortunelli!). Non so che dire, spero almeno che li abbiano pagati molto bene, anche se non vedo comunque il motivo di un sequestro del genere, a parte gli ovvi fini pubblicitari: che fine ha fatto la fiducia nell’onestà professionale? Era proprio necessario “rapire” i traduttori e impedire loro persino di dire ai parenti dove si trovassero e per quale motivo? Certo, sicuramente il libro venderà moltissimo (a 25€ a copia poi, i guadagni saranno immensi…), ma a parte non essere un’amante del genere non riesco proprio a evitare che questa storia mi lasci l’amaro in bocca. E non certo per l’invidia!

Mi fanno giustamente notare che non ho citato i nomi dei traduttori di Inferno: per completezza dovrei citare tutti quelli che hanno vissuto l’esperienza nel bunker, ma qui mi limito a nominare Nicoletta Lamberti, Annamaria Raffo e Roberta Scarabelli, le traduttrici italiane. Gli altri nomi li trovate in questa intervista. Mi assicurano inoltre che le condizioni di lavoro erano professionalmente oneste e non ho alcun motivo di dubitarne. La mia perplessità riguarda soltanto la scelta degli editori, non certo quella dei traduttori, che sono professionisti e il cui lavoro ovviamente ha tutto il mio rispetto.

Come abbiamo visto, la parola “invisibilità” può avere tante sfaccettature per un traduttore: mettersi al servizio del testo senza che la nostra personalità lo influenzi, diventare un vero e proprio “autore invisibile”, ma anche dover combattere ogni giorno per i propri diritti e scoprire che pochissimi, quando leggono un libro tradotto, si rendono conto che le parole che hanno davanti agli occhi sono state accuratamente scelte da un traduttore, pur in accordo con quelle dell’autore.

Insomma, in un certo senso l’invisibilità sarà pure una condizione auspicabile per un traduttore, ma per altri versi è assolutamente necessario uscire dall’ombra e far sentire la nostra voce.

10 commenti

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10 risposte a “L’invisibilità del traduttore

  1. Yaila

    Capitata per caso, passata volontariamente e – oggi – passata ancor più volontariamente, quindi ho deciso di lasciarti qualche riga.
    Io lavoro da 15 anni in un call-center, fin dalla fine del primo biennio di università: lingue e letterature straniere (inglese e francese) a Venezia. Della serie: meglio tardi che mai, ma so che ce l’ho messa tutta.
    Ho iniziato a frequentare la facoltà di lingue perché volevo insegnare, ma ormai da diversi anni covo il ben più forte desiderio di scrivere (anche per il web) e di “passare la vita a tradurre, tradurre e ancora tradurre”; insomma di diventare una traduttrice editoriale, visto che la mia laurea non mi ha permesso di approfondire la traduzione settoriale.
    E’ un percorso difficile mi hanno detto, soprattutto per chi come me è completamente sconosciuto. Ed è anche pieno di concorrenti, e mi riferisco anche a madrelingua inglese e francese che secondo me hanno una strada molto più facile della mia. Ma non demordo.
    Mi ci è voluto tanto per arrivare alla laurea, a causa del lavoro che già svolgo: mi laurerò ad ottobre e nutro già oggi la vana speranza di cambiare vita e fare quello che veramente voglio fare, cioè tradurre.
    Il tuo blog è per me uno stimolo per lottare ancor più strenuamente, ma mi chiedo: riuscirò a prendere decisioni radicali per realizzare il mio sogno? Naturalmente si tratta di una domanda che lascio al mio futuro… E vedremo quello che riuscirò a fare.
    Continuerò a leggerti.

    • Yaila, posso solo ringraziarti del tuo bel commento e farti un sentitissimo in bocca al lupo. Purtroppo è dura, siamo in tanti e restare a galla non è facile, ma voglio credere che con un bel po’ di determinazione (e, perché no, un pizzico di fortuna) ce la faremo.
      Continua a inseguire il tuo sogno!

  2. A proposito di Dan Brown… spero che l’editor sia molto molto bravo, perché una traduzione fatta da tre traduttori diversi non potrà che risultare incoerente e stonata.

    • Su questo non sono d’accordo, le tre traduttrici a quanto ho capito hanno lavorato insieme e sicuramente avranno discusso molto su come rendere uniforme la traduzione. Ne sono certa perché ho avuto anch’io esperienze di lavoro a più mani e ti assicuro che per quanto faticoso è davvero stimolante. Con un po’ di attenzione il risultato può essere ottimo :)

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