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I dieci momenti più difficili per un traduttore

576530_498652033526943_21958116_nDisclaimer: questo post è in gran parte ironico. Non è mia intenzione lagnarmi di un lavoro che amo, anche se a volte la mancanza di uno stipendio fisso si fa sentire.

Fare il traduttore, che sogno! Lavorare da casa, guadagnarsi da vivere picchiettando sui tasti del computer, leggere libri in anteprima, trovarsi sempre di fronte a sfide nuove e interessanti. È un mestiere circondato da una certa aura di romanticismo. Ma è sempre tutto così rose e fiori? Senza arrivare a parlare di vita agra, ecco dieci momenti in cui un traduttore non può fare a meno di sentirsi un filino irritato:

  1. Quando sei a metà di una frase complicatissima, ti è appena venuta un’illuminazione su come risolverla e in quel momento suona il postino, oppure ti ricordi di aver lasciato la pentola sul fuoco o qualche altra situazione da risolvere immediatamente, e allora salti su continuando a ripeterti la soluzione della frase per non dimenticarla. E puntualmente, appena torni davanti al pc, te la sei dimenticata.

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  1. Quando ti chiedono che lavoro fai e la tua risposta incontra sguardi vuoti o, in alternativa, ti chiedono se riesci a viverci, perché andiamo, un lavoro da casa non può essere un vero lavoro. Cioè, stai in pigiama tutto il giorno? Oppure, se rispondono con entusiasmo, danno per scontato che tu sappia come minimo cinque lingue.
  1. Quando fai una prova di traduzione per una casa editrice importante, finalmente, e non la passi. Anche se ti dicono che hai fatto un ottimo lavoro, anche se il collega a cui hanno assegnato il lavoro ha vent’anni d’esperienza in più di te, anche se ti assicurano che ti terranno in considerazione per il futuro, è sempre un colpo al cuore.
  1. Quando confondono traduttori e interpreti. E succede praticamente sempre.

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  1. Quando devi sollecitare un pagamento. Forse il momento più odioso per qualsiasi freelance, quello in cui devi ricordarti che anche se non hai uno stipendio fisso alla fine del mese meriti comunque di essere pagato per il tuo lavoro. Nei tempi stabiliti. Eppure ti ritrovi quasi a chiedere scusa per avere quello che ti spetta.
  1. Quando mandi cv o proposte mirati, ben fatti, che ti sono costati tempo e fatica, e non ti arriva una risposta manco a pagarla.
  1. Quando i clienti ti chiedono “uno sconticino”. Come se lo chiedessero anche al dentista o all’idraulico, e probabilmente lo fanno pure. Tenere duro, sempre: il nostro lavoro vale quello che abbiamo stabilito, e non un euro di meno.
  1. Quando un amico ti chiede di tradurgli al volo una frase che non capisce e tu non conosci il significato di un termine specifico ma non puoi correre a sfogliare il dizionario, devi dire “non lo so” e vorresti sotterrarti.

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  1. Quando vai a un incontro per traduttori o leggi uno scambio sui social e ti senti immensamente ignorante. Perché non si può sapere tutto, ma ogni tanto ti sembra di non sapere davvero nulla.
  1. Quando non sai come tradurre un gioco di parole, chiedi aiuto a un amico o su Facebook e te lo risolvono in tre minuti. Senza aver studiato traduzione.

Ecco, queste mi sono capitate tutte, ma sicuramente ce ne sono altre mille che varrebbe la pena citare. Per voi quali sono – o sono stati – i momenti in cui avete dovuto contare fino a dieci e respirare profondamente per mantenere la calma?

 

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Salone del libro 2014 – il mio resoconto (seconda parte)

La folla in sala professionale… Ci sono anch’io in un angolino. foto @l’AutoreInvisibile

Ed eccoci alla seconda parte del mio resoconto sul Salone del libro di Torino; se vi siete persi la prima la trovate qui. Siccome venerdì non ho partecipato all’incontro Tradurre Harry Potter (va bene, lo ammetto, non l’ho neppure mai letto: lo so, lo so, non ditemi niente) ma magari a qualcuno interessa sapere com’è andato, aggiungo anche il link all’articolo di Bookblog che ne parla. Passiamo ora ai seminari di sabato.

Un incontro che mi interessava molto e che alla fine ha fatto un po’ discutere è stato Valutare un saggio di traduzione. Le prove di traduzione sono sempre un argomento spinoso, ma se Grazia Giua di Einaudi ed Ena Marchi di Adelphi hanno cercato di spiegare i loro criteri per valutarle, mentre Federica Magro di RCS ha parlato poco delle prove e molto dei service editoriali, argomento non proprio inerente al tema del seminario. Ma andiamo con ordine.

Grazia Giua ha segnalato alcune parole chiave: responsabilità, nel senso che un editore deve assegnare le prove in modo mirato, a fronte di un incarico reale, dato che un traduttore può essere ottimo per un certo libro e inadatto a un altro; mentre la responsabilità del traduttore è principalmente l’autorialità, ossia consegnare una prova svolta interamente da lui/lei, e non imbrogliare solo per ottenere l’incarico. Investimento: la prova è un costo per tutti, in termini di tempo e denaro, ma l’editore la fa per crearsi un network di traduttori a cui attingere anche per altri testi. Remunerazione: il traduttore ha il diritto di ricevere un feedback ragionato, anche nel caso non venisse scelto. Mediazione: fondamentalmente il dilemma della correttezza formale vs. l’espressività di un testo in traduzione.

Anche Ena Marchi crede nel rapporto stretto fra editor e traduttore, e nell’ambito dei corsi di traduzione preferisce quelli che permettono un rapporto tutoriale fra “esperto” e “allievo” (che poi è il principio base del corso Tradurre per l’editoria di La Matita Rossa, non per farmi pubblicità :P ). Sapere perché si sbaglia è fondamentale, ed essere “bocciati” a una prova di traduzione vuol solo dire che non eravamo adatti a quel libro in particolare, non vengono messe in dubbio le nostre capacità traduttive (non sempre, insomma). È possibile inoltre richiedere una seconda prova, perché la traduzione non è una scienza esatta: può darsi che un altro libro si riveli più congeniale alla nostra voce.

Ha poi preso la parola Federica Magro, che ha voluto spostare il discorso sulla saggistica, ma senza affrontare il tema delle prove di traduzione. Il suo consiglio per gli aspiranti traduttori di proporsi ai service editoriali, di cui molte case editrici fanno largo uso, mi ha lasciata un po’ perplessa. La sensazione è che gli editori siano completamente scollegati dalla vita reale dei traduttori e non sappiano che questi service, che garantiscono traduzioni veloci e a costi contenuti, pagano i traduttori un pezzo di pane e li fanno lavorare con tempistiche disumane. Per fortuna è intervenuta una traduttrice, di cui purtroppo non ho afferrato il nome, che ha sottolineato questo aspetto poco pulito dei service. Federica Magro ha tentato di recuperare assicurando che loro si rivolgono a service molto seri, ma in sala si percepiva un certo scetticismo. Del resto, già i traduttori vengono pagati poco se lavorano direttamente per gli editori, se c’è un passaggio in più (e sicuramente il service qualcosa ci deve guadagnare) quanto potrà convenire a un traduttore lavorare così?

L’incontro si è chiuso con un’ulteriore nota di pessimismo: alla domanda di Ilide Carmignani su come un giovane traduttore possa proporsi per una prova di traduzione, tutte e tre le editor hanno risposto: non cominciate da noi. Insomma, il caro vecchio “dovete avere esperienza, ma noi non ve la facciamo fare”. Un po’ di amaro in bocca, dunque, per un incontro che aveva grandi potenzialità ma che si è rivelato utile solo nella teoria di una situazione ideale, quella di un traduttore già affermato (ebbene sì, anche i traduttori già noti affrontano prove di traduzione, per capire se sono adatti a un libro in particolare). L’unica conclusione da trarre è che è meglio cominciare a proporsi alle case editrici medio-piccole.

L’incontro successivo era Tradurre il ritmo della prosa, con Franco Buffoni e Donata Feroldi. È stato molto interessante, anche se alcuni degli esempi proposti mi sono sembrati un po’ troppo aderenti all’originale, al contrario di quanto veniva detto durante l’incontro. In sostanza, il concetto è che il ritmo delle frasi è importante quanto il loro significato. Non bisogna riprodurre quello dell’originale, ma trovare il respiro del testo che stiamo producendo: il ritmo coincide con la soggettività, e l’incipit è il momento in cui questo respiro si manifesta. Esiste il discorso, non le singole parole, ed è in base a questo che dobbiamo trovare la musicalità del testo, a livello prosodico, di punteggiatura e di ordine delle parole. Anche le assenze, i vuoti, fanno parte del ritmo. Buffoni ha sottolineato che con “ritmo” non si intende il metro poetico: la differenza non è fra poesia e prosa, ma tra buona scrittura, che ha una sua musicalità, e scrittura mediocre.

Passiamo a L’italiano letterario delle redazioni editoriali, incontro che sono riuscita a seguire solo in parte. Giuseppe Antonelli ha sottolineato come il concetto di “giusto” sia diverso da quello di “esatto”: bisogna perseguire la precisione, non l’esattezza, che se portata all’estremo si trasforma in un “esattismo”. Ha anche ricordato come spesso per fare bella figura si tenda ad alzare il registro (effettuare al posto di fare, recarsi invece di andare, e così via), in nome di un perbenismo linguistico non troppo apprezzabile. Negli ultimi dieci-quindici anni, secondo Antonelli, si è andati verso una sorta di grammaticalizzazione della lingua, che viene spesso gonfiata in cerca di effetti speciali, atteggiamento tipico di chi non la conosce bene e cerca di darsi un tono.

È poi intervenuta Mariarosa Bricchi, che ha parlato di permeabilità della lingua: in un ambiente chiuso come una redazione si tende a creare un linguaggio interno condiviso da chi ci lavora. Le revisioni spesso riflettono l’idea di lingua che ha l’editor, ma bisogna esserne consapevoli e saper rispettare il lavoro altrui. È stato poi sottolineato che il congiuntivo non è in via d’estinzione, anzi, spesso viene usato a sproposito. In un testo, le parole non devono essere la veste ma il corpo: inutile abbellire, adornare, arricchire a sproposito se sotto non c’è nulla.

Ho poi seguito anche Tradurre Leonard Cohen, ma la traduzione di poesie non è decisamente il mio forte. L’incontro è stato interessante, ma mi è difficile farne un riassunto. Sono state lette alcune poesie in lingua originale e le loro traduzioni italiane, e Giancarlo De Cataldo e Damiano Abeni hanno raccontato alcuni aneddoti riguardo al loro lavoro di traduzione.

Per finire ho ascoltato Susanna Basso parlare di Tradurre Alice Munro, ma anche qui è impossibile trasmettere in poche parole tutto ciò che è stato detto da questa donna eccezionale. Per fortuna il testo dell’incontro è disponibile online sul sito della rivista Tradurre.

Sabato ho concluso la giornata letteraria andando in centro a Torino, a Il Camaleonte Piola, a sentire la seconda presentazione condotta dalla mia amica Lettrice Rampante. Stavolta toccava a Iddu. Dieci vite per il dio del fuoco, di Andrea Vismara, sempre di Spartaco Edizioni, e nonostante il pubblico non fosse numeroso – o forse proprio per questo – è stato bello, si respirava la voglia di conoscere storie nuove. Spesso i piccoli editori riservano belle sorprese, quindi non sottovalutiamoli, anche se molti non traducono.

Quest’anno non ho fatto il consueto giro per chiedere i contatti agli editori. Non perché credo sia inutile, ma perché al momento per fortuna sto lavorando parecchio, e in ogni caso ho ancora tutti i contatti raccolti l’anno scorso. Non ho neppure fatto molti acquisti, un po’ per via dei pochi sconti che si trovavano agli stand, un po’ perché tra un incontro e l’altro non ho avuto moltissimo tempo per girare. Anche se il bello del salone è proprio questo, perdersi fra pagine e copertine, magari evitando accuratamente gli stand dei grossi editori, che tra luci accecanti, fascette esagerate e copertine tutte uguali assomigliano più a centri commerciali che a poli culturali. Non tutto positivo al 100%, anche considerando che all’interno del Salone i cellulari prendevano a singhiozzo e internet pure, e la sala “professionale” (modificata dal terribile calco “professionali” dell’anno scorso, ma anche “sala professionale” non è che abbia molto senso) era difficile da trovare, piccola e rumorosa come al solito. Ma sono contenta di esserci andata.

Il mio Salone si è concluso domenica, anche se non sono riuscita a seguire l’evento che avevo in programma perché ho dovuto passare mezza giornata in casa editrice… Curiosi? Al prossimo post!

 

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Salone del libro 2014 – il mio resoconto (prima parte)

IMAG3076[1]Quando sono entrata al Salone del libro il primo giorno, giovedì, la cosa che mi ha subito colpita è stata il profumo della carta. Nei giorni successivi non l’ho più sentito, non so se per via della folla o perché mi ero ormai assuefatta, ma giovedì è stato come entrare in un enorme libro, col naso puntato in avanti e le narici che fremevano di piacere.

Avevo elencato gli incontri che mi sarebbe piaciuto seguire, ma per svariati motivi (perlopiù lavorativi, poi vi racconterò) ne ho saltati alcuni e aggiunti altri. Ecco dunque il resoconto del “mio” Salone del libro.

Giovedì ho saltato il primo incontro, Lavorare nell’editoria oggi, ma mi hanno riferito che non mi sono persa granché. Se qualcuno di voi c’era, batta un colpo e mi faccia sapere! Il primo incontro che sono riuscita a seguire è stato Traduttore e revisore a confronto. Matteo Colombo dialogava con Anna Nadotti sulla nuova traduzione del Giovane Holden appena uscita per Einaudi, e Chiara Spallino parlava con Elena Loewenthal di un libro su una famiglia ebrea, di cui purtroppo non ho afferrato il titolo. Tuttavia quest’ultimo intervento ha un po’ perso di vista l’argomento del seminario, concentrandosi sulle difficoltà della lingua ebraica, per poi essere eclissato dalla verve della coppia Colombo-Nadotti. Impossibile riassumere tutto ciò che hanno detto, dimostrandosi davvero appassionati e competenti, ma vi consiglio caldamente di dare un’occhiata al loro frizzante epistolario pubblicato sul sito Einaudi, in cui raccontano le varie fasi del loro lavoro di traduzione e revisione. Il dialogo con un buon editor è una parte meravigliosa del lavoro di traduzione, ho avuto anch’io questa fortuna con il libro su cui sto lavorando al momento, e presto vi racconterò la mia esperienza.

Ma torniamo al Salone: dopo un primo giro fra gli stand, ho seguito La traduzione saggistica e scientifica divulgativa. Ho preso un bel po’ di appunti, ma cercherò di farla breve: Isabella Blum ha ricordato come per tradurre saggistica – ambito troppo spesso sottovalutato dagli aspiranti traduttori – sia necessario saper dominare il tema, che non vuol dire conoscerlo a menadito fin da subito ma saper svolgere ricerche appropriate. Bisogna sempre essere consapevoli delle proprie lacune, e saperle colmare. Ha poi sottolineato che spesso si fraintende la facilità del testo finale: scrivere in modo semplice e comprensibile comporta notevoli difficoltà. Enrico Casadei, di Codice edizioni, ha ribadito che a un buon traduttore di saggistica si richiede soprattutto versatilità, ossia la capacità di dominare testi che spesso riguardano discipline ibride. Non tutti i testi di saggistica sono settoriali al 100%, e del resto un esperto in una certa materia non è necessariamente un bravo traduttore. Occorre dunque essere in grado di sviluppare un metodo, più che specializzarsi in un campo circoscritto. Michele Luzzatto, di Bollati-Boringhieri, ha elencato tre capacità fondamentali per un traduttore di saggistica: prima di tutto saper scrivere bene in italiano, poi conoscere abbastanza bene l’argomento di cui si parla e avere una cultura abbastanza ampia, e solo in ultima posizione conoscere la lingua di partenza. Anche Michele Riva ha parlato di competenze e della capacità di ricercare fatti e informazioni, di sapersi muovere bene nell’argomento e di cogliere il modo in cui viene usata la lingua.

Il venerdì ho seguito Lo scrittore e i suoi traduttori – Barbara Ivancic dialoga con Ilide Carmignani, ma sinceramente questi incontri “monografici” non mi dicono un granché. È stato più interessante l’incontro successivo, Editori, lettori, traduttori: nuovi ruoli nell’esperienza digitale. Edoardo Brugnatelli ha dato qualche consiglio utile agli aspiranti traduttori: prima di tutto considerare gli e-book e l’autopubblicazione una risorsa, poiché pare che molti si mettano a scrivere in tarda età, abbiano grosse disponibilità finanziarie e sarebbero felici di vedere tradotte le loro opere. Un punto di partenza per scoprire autori da tradurre senza passare attraverso le case editrici è Babelcube, un sito internazionale che mette in comunicazione autori e traduttori. Ha poi consigliato di leggere questo articolo di Will Self sul Guardian e Is That a Fish in Your Ear? di David Bellos. Secondo Brugnatelli, inoltre, l’e-reader non avrà vita lunga perché è un apparecchio che permette di fare una sola cosa, mentre oggi la tendenza è di accentrare molteplici funzioni su un solo dispositivo. Di conseguenza, per un editore la concorrenza non saranno più gli altri editori, ma tutte le altre funzioni svolte da questi dispositivi: film, musica, giochi e distrazioni varie.

Ha poi parlato dell’acquisizione di aNobii da parte di Mondadori, ed è stato molto interessante sentire alcune delle novità che hanno intenzione di inserire sul sito: per esempio, nella scheda dei libri sarà possibile per il traduttore di una determinata opera inserire una propria nota alla traduzione. A me sembra una bellissima idea! Ci saranno poi dei collegamenti fra il sito e il proprio e-reader per inserire direttamente delle note durante la lettura. Insomma, secondo Brugnatelli, nonostante si sia parlato molto male di questa mossa, a Mondadori interessa aNobii più che altro perché sapere cosa dicono i lettori è una grande risorsa per un editore. Sarà vero? In ogni caso, un traduttore oggi deve essere più che mai in grado di dominare gli strumenti informatici e il web.

Per concludere il venerdì, sono andata a sentire la presentazione del libro Le giocatrici, di Marilena Lucente, pubblicato da Edizioni Spartaco, non tanto perché mi interessasse l’argomento quanto perché a presentare c’era la mia grande amica La Lettrice Rampante, che se l’è cavata alla grande :)

Mi rendo conto che questo post rischia di diventare infinito, quindi per oggi mi fermo qui. A prestissimo con la seconda parte del mio resoconto, riguardo agli incontri di sabato (domenica ero al salone ma non sono riuscita a seguire nulla).

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La traduzione al Salone del Libro 2014

Come spero tutti sappiate, questo fine settimana, da giovedì 8 a lunedì 12 maggio, si terrà il Salone Internazionale del Libro di Torino. Essendo uno dei principali appuntamenti del mondo dell’editoria in Italia, è un’occasione da non perdere. Come ho già detto più volte, per esempio nel mio report del Salone dell’anno scorso, le fiere del libro sono un appuntamento importante per i traduttori: per incontrare editori e addetti ai lavori, per sfogliare i libri, per immergersi nel mondo della letteratura e soprattutto per sentirsi meno soli. E non dimenticate che i traduttori entrano con lo sconto!

Anche quest’anno, infatti, sono numerosi gli incontri dedicati alla nostra professione, quasi tutti a cura dell’Autore Invisibile di Ilide Carmignani e della rivista Tradurre di Paola Mazzarelli.

Ecco il link a cui potete trovare tutti gli incontri sulla traduzione: http://www.salonelibro.it/it/programma/categoryevents/4519-Tipologie.html

Poiché quest’anno il sito non mi sembra fatto un granché bene, nel senso che non è molto chiaro di cosa tratteranno i singoli seminari, mi sono fatta un elenco personale di quelli che probabilmente seguirò, e se ci sarete vi invito a battere un colpo! Ecco quando pianterò le tende nella Sala Professionali (e già su questo “professionali” ricalcato dall’inglese ci sarebbe molto da discutere…). Ovviamente si tratta di scelte personali e mi riservo di cambiare idea all’ultimo momento, aggiungendone o togliendone qualcuno a seconda della voglia che avrò di sedermi ad ascoltare o di perdermi fra gli stand.

GIOVEDÌ 8 MAGGIO

Ore 12 – Sala professionali
Lavorare nell’editoria oggi
Rossella Bernascone, Luisa Capelli, Ilide Carmignani, Richard Dixon, Marina Morpurgo

Ore 14 – Sala professionali
Traduttore e redattore a confronto
Ilide Carmignani, Matteo Colombo, Elena Loewenthal, Anna Nadotti, Chiara Spallino

Ore 17 – Sala professionali
La traduzione saggistica e divulgativa
Isabella Blum, Ilide Carmignani, Enrico Casadei, Michele Luzzatto, Michele Riva

Ore 18 – Spazio autori
Daniele Petruccioli alla rincorsa di Dulce Maria Cardoso (Voland)
Paola Mazzarelli, Daniele Petruccioli

 

VENERDÌ 9 MAGGIO

Ore 15 – Sala professionali
Editori, lettori, traduttori: nuovi ruoli nell’esperienza digitale
Edoardo Brugnatelli, Sandra Furlan

 

SABATO 10 MAGGIO

ore 11.00 – Sala Professionali
Valutare un saggio di traduzione
Ilide Carmignani, Grazia Giua, Federica Magro, Ena Marchi

ore 12.30 – Sala Professionali
Tradurre il ritmo della prosa
Franco Buffoni, Donata Feroldi

ore 14.00 – Sala Professionali
L’italiano letterario delle redazioni editoriali
Giuseppe Antonelli, Mariarosa Bricchi, Ilide Carmignani, Alberto Rollo

ore 16.30 – Sala Professionali
Tradurre Alice Munro
Susanna Basso

 

DOMENICA 11 MAGGIO
ore 13.00 – Sala Blu
Traduttore, traditore? Tradimento, gradimento! – Grandi ospiti
Lectio magistralis di Douglas Hofstadter

 

Buon Salone a tutti!

 

 

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Tradurre per l’editoria. Corso base.

libroUltimamente i corsi di  traduzione si sono moltiplicati, offrendo ciascuno una formula diversa per andare incontro alle necessità delle moltissime persone che sognano di diventare traduttori.

Come orientarsi in questa giungla? Il mio consiglio è sempre di seguire corsi organizzati da chi svolge già questo mestiere, perché la teoria insegnata da professori universitari e studiosi di linguistica serve solo fino a un certo punto: quello che conta davvero oggi sono le esperienze reali, le testimonianze, la conoscenza del mondo editoriale dall’interno.

All’università ho seguito corsi di traduzione tenuti da professori sicuramente preparatissimi, ma che non avevano mai tradotto una parola al di fuori dell’ambito accademico. Manco a dirlo, più di qualsiasi lezione approfondita sulle teorie di Jakobson, Steiner, Newman o chi per essi, mi sono servite le ore passate a lavorare sui testi in compagnia di traduttori editoriali già affermati, quando ne ho avuta l’occasione.

Per questo, quando mi è stato proposto di tenere parte di un corso di traduzione ho subito pensato che l’esperienza in questo campo vale più di qualsiasi titolo accademico. Certo, una laurea magistrale in traduzione ce l’ho, ma soprattutto negli ultimi anni ho tradotto quasi esclusivamente per l’editoria, sia opere di narrativa sia di saggistica.

Il corso di cui parlo è organizzato dal service editoriale La Matita Rossa, con il cui blog collaboro già da un po’. Si intitola semplicemente Tradurre per l’editoria. Corso base, perché in fondo i giri di parole non sono necessari: l’obiettivo del corso è fornire strumenti e informazioni a chi desidera intraprendere questa strada difficile ma affascinante, da un punto di vista estremamente pratico e realistico. Il corso riguarda la traduzione editoriale dall’inglese e si svolgerà totalmente online, per venire incontro a chi non può spostarsi o ha orari incompatibili con le lezioni in aula: ogni settimana verrà inviata una dispensa su un particolare argomento, con spiegazioni ed esercizi, e poi ogni allievo potrà confrontarsi con il docente in chat, per discutere le strategie traduttive impiegate nell’esercitazione, ricevere consigli e fare domande.

Ecco il programma del corso, che costa 160 euro e comprende, oltre alle 12 lezioni, 6 ore di tutoraggio via chat (mezz’ora alla settimana), correzione degli esercizi da parte dei docenti e approfondimenti con interviste a esperti del settore.

  • TRADURRE NARRATIVA (3 lezioni) 
  • TRADURRE SAGGISTICA (3 lezioni)
  • IL LAVORO REDAZIONALE Editing e correzione di bozze (2 lezioni)
  • SCELTE DI TRADUZIONE (1 lezione)
  • SUPPORTI ALLA TRADUZIONE web, dizionari (1 lezione)
  • TRADURRE PER MESTIERE Aspetti legali e fiscali del lavoro di traduttore (2 lezioni)

Come potete notare, si tratta di un corso base ma che mira a fornire una panoramica di tutto ciò che è assolutamente necessario sapere per diventare traduttori.

L’ammissione al corso è subordinata a una breve prova di traduzione (gratuita). È necessario preiscriversi compilando l’apposito modulo. Sul sito potete anche trovare tutte le informazioni sul corso e sui docenti.

Se avete qualche domanda, sono a vostra disposizione. E ovviamente alla fine del corso aspetto commenti, impressioni e suggerimenti: il confronto con le opinioni altrui è fondamentale per un buon traduttore.

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Translation Slam a Bookcity Milano

Era un po’ che non partecipavo a un incontro sulla traduzione. Ma quando ho scoperto che nell’ambito di Bookcity Milano si sarebbe svolta una sorta di sfida tra due affermate traduttrici, che si sarebbero confrontate su un brano inedito spiegando e difendendo le proprie scelte, non ho esitato neppure un attimo.

E così, eccomi nella bella cornice della sala del Grechetto, nella biblioteca comunale centrale di Palazzo Sormani in via Sforza 7. Il pubblico è abbastanza numeroso, ma ordinato e attento. Patrocinato da AITI, l’incontro prevede la discussione su un brano inedito di Jamie Ford, l’autore di Il gusto proibito dello zenzero (suvvia, non è colpa dei traduttori se ultimamente i titoli in libreria sono tutti uguali! Io però devo ammettere che, irritata da questa mania, me ne sono tenuta alla larga) e del nuovo Come un fiore ribelle.

Prende la parola Marina Beretta, che introduce e coordina la sfida tra Annamaria Raffo e Roberta Scarabelli. Oltre all’autore, coadiuvato da un’interprete dell’AITI, è presente anche Alba Mantovani, traduttrice di Come un fiore ribelle.

Si parte con un’introduzione sulle tematiche e sullo stile di Jamie Ford, sul fil rouge che lega i suoi romanzi precedenti, ma che si rivela inapplicabile all’estratto che verrà discusso oggi, tratto dal prossimo libro di Ford. Alba Mantovani parla delle difficoltà che ha incontrato durante la traduzione di Come un fiore ribelle, e poi si parte con la sfida vera e propria. Ovviamente, le due traduttrici avevano lavorato a casa sul brano in questione. Sarebbe stato impensabile e poco utile tradurre “in diretta”.

Bando alle ciance, si comincia con una lettura del brano originale (in inglese) da parte dell’autore stesso, seguita da ciascuna delle due traduzioni letta dalla propria autrice. In questa fase il pubblico segue il testo originale sullo schermo a disposizione.

Siamo partiti con alcune considerazioni generali sulla differenza fra le due interpretazioni del testo: Raffo ha scelto consapevolmente un registro più piano, lineare, perché nonostante l’argomento sia altamente emotivo nel testo le emozioni non traspaiono, quindi ha scelto un linguaggio distaccato e le parole semplici che potrebbe usare una bambina qual era la narratrice all’epoca dei fatti; Scarabelli è rimasta il più possibile aderente al testo originale, facendosene guidare, a partire dal lessico, che fino a un certo punto manteneva una sorta di ambiguità rispetto a quanto stava accadendo e poi si faceva più crudo. Dopodiché è arrivato il momento di un’analisi dettagliata delle due traduzioni, frase per frase.

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La prima scelta che è saltata all’occhio di tutti è stata quella fra passato remoto (Raffo) e passato prossimo (Scarabelli): se Raffo ha scelto il classico tempo della narrazione, che si usa per avvenimenti lontani nel tempo, Scarabelli ha voluto sottolineare il fatto che, sebbene si parlasse dell’infanzia della narratrice, l’evento evidentemente la ossessionava ancora, ed era per lei molto vivido e presente. Le è venuto dunque spontaneo utilizzare il passato prossimo, e alla fine Raffo ha concordato con lei.

Laddove Raffo ha cercato di utilizzare un linguaggio semplice, adatto a una bambina, Scarabelli è rimasta più aderente al testo. Ha sottolineato che ricevere una cartella e mezza decontestualizzata è stata una sfida enorme, perché solitamente ci vogliono 30-40 pagine per “entrare” in un testo e sentire nell’orecchio il ritmo dell’autore.

Un altro esempio di differenza fra le due traduzioni è stato il caso delle onomatopee: se Raffo ha cercato dei verbi italiani che potessero sostituire i suoni corrispondenti, Scarabelli ha preferito mantenere le onomatopee, ma “italianizzandole”, ovvero non copiando pedissequamente com’erano scritte in inglese (sarebbero sicuramente sembrate “strane” all’orecchio del lettore) ma cercando dei suoni verosimili e più adatti a un testo in italiano.

Vi risparmio ulteriori esempi e casi particolari perché senza avere il testo completo sotto gli occhi è piuttosto inutile discuterne, mi limito qui a sottolineare che, indipendentemente dalle singole scelte che potevano essere più o meno azzeccate a seconda dei casi e del gusto personale, entrambe le traduzioni avevano un loro ritmo interno e coerente, a dimostrazione che non esiste la traduzione perfetta, esiste solo un’infinita combinazione di possibilità che devono risultare armoniche al loro interno.

Ovviamente la sfida non era tesa a capire chi fosse la traduttrice migliore tra Raffo e Scarabelli, entrambe professioniste di alto livello: è stata, credo, un’esperienza arricchente per entrambe e soprattutto per il pubblico. Jamie Ford, inoltre, era entusiasta e continuava a fotografare lo schermo con il confronto fra le due traduzioni, oltre al pubblico e a se stesso con la sua interprete. Una bella iniziativa di AITI all’interno di una manifestazione davvero ben organizzata.

 

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L’invisibilità del traduttore

signinvisibilityQuando si parla di “invisibilità del traduttore” ci si può riferire a molti concetti diversi.

Prima di tutto, è impossibile non citare il libro di Lawrence Venuti intitolato, appunto, “The Translator’s Invisibility” (pubblicato in Italia da Armando Editore, 1999, traduzione di M. Guglielmi). Nel testo, Venuti cita il traduttore americano Norman Shapiro, secondo il quale

“Una buona traduzione è come una lastra di vetro. Si nota che c’è solamente quando ci sono delle imperfezioni: graffi, bolle. L’ideale è che non ce ne siano affatto. Non dovrebbe mai richiamare l’attenzione su di sé.”

Il concetto di invisibilità rimanda dunque a un vetro perfettamente trasparente attraverso il quale il testo risulti “pulito”, perfetto, come se fosse stato scritto direttamente in quella lingua, scorrevole e senza alcun intoppo. Certo, non è esattamente una missione facile, ma bisogna sempre avere un ideale a cui tendere.

Purtroppo, questo concetto di “invisibilità” è stato esteso al traduttore come lavoratore. Sempre più spesso capita di ricevere proposte indecenti, di pochi spiccioli a cartella, che alcuni accettano perché “fa curriculum”. Ne avevo già parlato nell’articolo sulle proposte da non accettare mai. La situazione dei traduttori editoriali in Italia è piuttosto drammatica: sono ben pochi quelli che riescono a vivere di questa professione, e molto spesso le tariffe non sono degne di un lavoro così lungo e impegnativo: basta dare un’occhiata all’inchiesta sulle tariffe indetta da Biblit per rendersi conto del malcontento generale. Per i traduttori alle prime armi (o comunque per qualsiasi dubbio, che può venire anche ai più esperti) è bene fare riferimento al sito di STradE, che dispensa davvero tanti consigli utili per evitare soprusi e sfruttamenti.

Il concetto di invisibilità è stato ripreso anche da Ilide Carmignani per dare un titolo agli incontri sulla traduzione letteraria che ogni anno si svolgono al Salone internazionale del libro di Torino: ho già parlato in questo post degli interessantissimi seminari organizzati quest’anno da L’Autore Invisibile. Eh già, perché giovedì 16 maggio inizia il Salone! Ovviamente è un appuntamento importantissimo, se potete non mancate: le tavole rotonde e l’opportunità di parlare con gli editori (almeno quelli delle case editrici più piccole, di certo non troverete “il signor Feltrinelli” allo stand) sono davvero imperdibili.

Sul versante opposto dell’invisibilità del traduttore, avete letto la storia dei traduttori di Dan Brown rinchiusi in un bunker? Perquisiti all’entrata e all’uscita, sorvegliati da guardie armate, isolati dal mondo e con accesso limitato a Internet: più che un collettivo di traduttori ricorda una squadra costretta ai lavori forzati (con tanto di servizio a tutta pagina su TV Sorrisi e Canzoni, però: che fortunelli!). Non so che dire, spero almeno che li abbiano pagati molto bene, anche se non vedo comunque il motivo di un sequestro del genere, a parte gli ovvi fini pubblicitari: che fine ha fatto la fiducia nell’onestà professionale? Era proprio necessario “rapire” i traduttori e impedire loro persino di dire ai parenti dove si trovassero e per quale motivo? Certo, sicuramente il libro venderà moltissimo (a 25€ a copia poi, i guadagni saranno immensi…), ma a parte non essere un’amante del genere non riesco proprio a evitare che questa storia mi lasci l’amaro in bocca. E non certo per l’invidia!

Mi fanno giustamente notare che non ho citato i nomi dei traduttori di Inferno: per completezza dovrei citare tutti quelli che hanno vissuto l’esperienza nel bunker, ma qui mi limito a nominare Nicoletta Lamberti, Annamaria Raffo e Roberta Scarabelli, le traduttrici italiane. Gli altri nomi li trovate in questa intervista. Mi assicurano inoltre che le condizioni di lavoro erano professionalmente oneste e non ho alcun motivo di dubitarne. La mia perplessità riguarda soltanto la scelta degli editori, non certo quella dei traduttori, che sono professionisti e il cui lavoro ovviamente ha tutto il mio rispetto.

Come abbiamo visto, la parola “invisibilità” può avere tante sfaccettature per un traduttore: mettersi al servizio del testo senza che la nostra personalità lo influenzi, diventare un vero e proprio “autore invisibile”, ma anche dover combattere ogni giorno per i propri diritti e scoprire che pochissimi, quando leggono un libro tradotto, si rendono conto che le parole che hanno davanti agli occhi sono state accuratamente scelte da un traduttore, pur in accordo con quelle dell’autore.

Insomma, in un certo senso l’invisibilità sarà pure una condizione auspicabile per un traduttore, ma per altri versi è assolutamente necessario uscire dall’ombra e far sentire la nostra voce.

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Anticipazioni

LIBRO IN TRENOSolo un piccolo aggiornamento, anzi due.

Da questa settimana collaboro con il bellissimo blog Libri in Metro, per mettere nero su bianco quello che faccio da sempre, ovvero dare un’occhiata a cosa leggono i miei compagni di viaggio. Il mio primo pezzo uscirà venerdì, ma se non lo conoscete già vi invito a seguire fin da ora il blog, perché è molto carino e merita.

Secondo aggiornamento: come saprete, tra meno di un mese al Lingotto di Torino si terrà il Salone Internazionale del Libro. È un appuntamento da non perdere, sia per il piacere di girare tra migliaia e migliaia di volumi sia per conoscere vecchie e nuove case editrici e, perché no, provare a farsi avanti. È il posto ideale in cui scoprire nuove realtà editoriali, quindi non perdetelo!
A questo link trovate il programma completo. Se venite in treno da fuori Torino, Italo fa uno sconto di 15€ sul prezzo del biglietto di viaggio.

Di particolare interesse per i traduttori sono gli incontri organizzati da L’Autore Invisibile. Li riporto qui sotto, per comodità. Non mancate!

SALONE DEL LIBRO DI TORINO

l’AutoreInvisibile 2013

https://www.facebook.com/AutoreInvisibile

Giovedì 16 maggio

Ore 12 
Il contratto di edizione di traduzione
Intervengono: Elisa Comito (Strade)

Ore 14-16
Prima dopo e nel frattempo: il resto della filiera

L’agente
Rosaria Carpinelli (Consulenze Editoriali)

L’editor di narrativa straniera
Andrea Canobbio (Einaudi)

L’ufficio diritti
Cristina Foschini (GeMS)

L’ufficio stampa
Valentina Fortichiari (Longanesi)

Ore 16

Editoria in transizione: capire i cambiamenti per cogliere le  opportunità di lavoro
Intervengono: Mattia Carratello (Sellerio), Gioia Guerzoni, Anna Mioni (AC²), Roberta Scarabelli (A.I.T.I.)

Ore 17.30

A volte ritornano: nuova edizione riveduta e corretta Franca Cavagnoli

Venerdì 17 maggio

Ore 11

Come si fa una proposta editoriale
Intervengono: Simona Cives (Casa delle Traduzioni, Biblioteche di Roma), Angelo Molica Franco (Del Vecchio), Simona Olivito (E/O), Claudia Tarolo (Marcos y Marcos)

Ore 13.30

Prima dopo e nel frattempo: il resto della filiera

Il commerciale
Pietro Biancardi (Iperborea) e Marco Cassini (minimum fax)

Le librerie
Romano Montroni

Ore 14.30

Traduttore e redattore a confronto
Il re pallido di David Foster Wallace e Cicatrici di Juan José Saer
Intervengono: Giovanna Granato con Alessandra Montrucchio (Einaudi), Gina Maneri con Lorenzo Ribaldi (La Nuova Frontiera)

Ore 16.00

Translating fifty (and more) shades
Intervengono: Alessandra Bazardi (Harlequin), Martina Donati (Newton Compton), Federica Magro (Rizzoli), Joy Terekiev (Mondadori)

 

Sabato 18 maggio

Ore 11

Traduzione e riscrittura nella letteratura per ragazzi Cristina Brambilla (Piemme), Carlo Gallucci (Gallucci), Fiammetta Giorgi (Mondadori Ragazzi), Beatrice Masini (RCS)

Ore 13

Traduttore e redattore a confronto
Versioni di me di Dana Spiotta e Il barone sanguinario di Vladimir Pozner
Intervengono: Francesco Pacifico con Martina Testa (minimum fax), Giuseppe Girimonti Greco e Lorenza Di Lella  con Valeria Perrucci e Ena Marchi (Adelphi)

Ore 14.30

Il Dizionario delle Collocazioni
Paola Tiberii (Zanichelli)

Al termine Lorenzo Enriques annuncerà il nome del vincitore del Premio Zanichelli, Giornate della Traduzione 2013.

Ore 16

A volte ritornano: La signora Dalloway e La via del tabacco
Intervengono: Anna Nadotti (Einaudi), Luca Briasco (Fazi)

 

Domenica 19 maggio

Ore 11

Dizionari e traduzione: il nuovo WOW e l’Analogico
Intervengono: Anna Ravano con Monica Harvey Slowikowska e Donata Feroldi (Zanichelli)

Ore 12

Di cosa parliamo quando parliamo di traduzione Susanna Basso

Ore 14     

Scrittore e traduttore a confronto: Cuore di bestia (Keller)
Intervengono: l’autrice Noëlle Revaz e Maurizia Balmelli

A cura di Ilide Carmignani.

Gli incontri si terranno nella Sala Professionali o nella sala attigua. Per informazioni: www.salonelibro.it

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I periodi di inattività

Mi sembra strano parlare di inattività in un momento in cui ho appena consegnato un lavoro e ho un’altra scadenza a breve, e nel frattempo ovviamente insegno perché di sola traduzione non si vive, eppure eccomi qua.

Nella vita di un traduttore capitano (più spesso all’inizio, si spera meno spesso dopo un po’ che si lavora nel campo) dei periodi in cui vedersi affidare una traduzione sembra un miraggio degno del deserto più bollente. Ovviamente, non appena passerà questo momento vi arriveranno tre offerte insieme e dovrete lavorare giorno e notte, quindi innanzitutto riposatevi.

Ma non state con le mani in mano: ci sono molte cose che possiamo fare nei periodi di inattività (a parte cercarci un altro lavoro, ovvio). Innanzitutto, perché non approfittarne per spulciare un po’ i cataloghi stranieri e prepararsi una bella proposta di traduzione? È una cosa che porta via moltissimo tempo se vogliamo farla bene, quindi un periodo in cui non si lavora è perfetto. Dedicate un po’ di tempo anche alla ricerca delle case editrici a cui affidarla, studiando bene le loro collane e le pubblicazioni precedenti.

La seconda cosa che possiamo fare, anzi, forse dovrebbe essere la prima, è mandare curricula a raffica. Non disperate mai: a me è capitato da poco di ricevere una telefonata da una piccola casa editrice a cui non ricordavo nemmeno di aver inviato il cv. Mandare proposte di traduzione aumenta le vostre possibilità di essere notati, soprattutto se il vostro cv è ancora mezzo vuoto, ma non è l’unica via: mai arrendersi!

E poi, che altro si può fare? Informarsi. Leggere le riviste letterarie (prossimamente arriverà un post in cui ve ne consiglio alcune), il sito di STradE con la relativa rivista, quello di Biblit (davvero fondamentale e ricco di spunti!), i vari forum di traduttori che esistono in rete, i blog di traduttori ed editori, i giornali letterari stranieri, i siti delle associazioni come AITI e chi più ne ha più ne metta. Ci vuole una quantità di tempo davvero impressionante, ma alla fine riuscirete a crearvi una vostra piccola “sitografia” da consultare in ogni momento libero.

Un’altra cosa da fare, e non certo meno importante delle altre, è leggere. Non si può fare il traduttore se non si legge moltissimo, e per moltissimo intendo che non c’è mai un periodo, neppure una mezza giornata, in cui non avete un libro in corso di lettura. Quando studiavo all’università, a volte arrivavo in anticipo alle lezioni e mi sedevo in corridoio a leggere. Ebbene, più di una volta mi è capitato di sentire alcuni compagni (che non conoscevo, altrimenti gliene avrei dette quattro) lamentarsi del fatto che i professori dicessero che non leggiamo abbastanza. La loro giustificazione era: passo già tutto il tempo sui libri di testo, quando lo trovo il tempo di leggere altro? Beh, carissimi, se frequentate un corso di traduzione e non leggete, non so proprio che dirvi. Il tempo di leggere, se si vuole, si trova sempre. Non è che sia una gara a chi legge di più, non dico di divorare libri indiscriminatamente solo per ingrossare le vostre librerie virtuali su aNobii e Goodreads e farvi belli con gli amici, ma la lettura, per un traduttore, oltre a un lavoro deve essere una grandissima passione. Ora la smetto, prima di infervorarmi!

Oppure, perché non cercare un bel corso di traduzione, un workshop, un ciclo di seminari o anche solo una giornata dedicata all’approfondimento di questo mestiere? Soprattutto all’inizio, è molto utile sentire il parere di chi lavora in questo ambiente da molti anni e sa come girano le cose. È consigliabile sapere come funziona il mondo dell’editoria, se vogliamo farne parte. Qualunque cosa può tornare utile, quindi, soldi e tempo permettendo, l’ideale sarebbe ascoltare quanti più punti di vista possibile. Attenti a non farvi infinocchiare, però: ultimamente i corsi di traduzione sono spuntati come funghi, e molti sono soltanto specchietti per le allodole che fanno entrare dei bei soldoni nelle tasche di editori e agenzie. Scegliete con oculatezza e informatevi sempre su internet o cercando gli allievi delle edizioni precedenti: frugando un po’ in rete si trovano sempre dei pareri riguardo ai corsi. E se non ne trovate, beh, fatevi due domande. Se non sapete da dove cominciare, su Biblit trovate un elenco di corsi da spulciare un po’.

Ecco qui, direi che il nostro periodo di inattività – augurandoci che non si protragga troppo – si è riempito abbastanza. Ovviamente, tenete per tutto il tempo le dita incrociate, ma mai ferme!

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Workshop di editing (minimum fax, Roma 14-16 dicembre 2012)

Come vi avevo anticipato, questo fine settimana ho partecipato al workshop di editing organzzato dalla casa editrice minimum fax.
Questo blog parla prevalentemente di traduzione letteraria, ma di solito chi aspira a diventare traduttore è interessato a tutti gli aspetti del mondo editoriale, quindi un resoconto di questo workshop potrebbe essere interessante per qualcuno.

Com’è stato, dunque? Il primo aggettivo che mi viene in mente: stimolante. Il coordinatore era Christian Raimo, scrittore, editor, insegnante e chi più ne ha più ne metta. Ho sempre invidiato chi riesce a spaziare e ad allargare i propri orizzonti, e pare che lui ci riesca in pieno. Anzi, è stato proprio questo il suo primo consiglio: leggere di tutto, voracemente, senza limiti autoimposti. Leggere soprattutto testi che non incontrano i nostri gusti o i nostri interessi, o che non fanno parte dell’ambito in cui lavoriamo, per riuscire a crearci un bagaglio culturale il più ampio possibile. Qualche esempio? La poesia può aiutare a comprendere meglio i vari livelli di sperimentazione linguistica, il teatro è utilissimo per il ritmo dei dialoghi, e così via. Che poi è lo stesso consiglio che viene dato durante i corsi di traduzione, non so se mi spiego…

Il workshop era articolato in tre giorni: nel primo incontro abbiamo discusso i compiti e le responsabilità di un editor, partendo da esempi di modelli ideali, che si sono rivelati talenti poliedrici e letterariamente bulimici: come accennato sopra, per poter essere un buon editor (o un buon traduttore) è necessario aver metabolizzato una gran quantità di testi diversi, essere curiosi e aperti, pronti al confronto e all’associazione di idee. Christian ci ha inoltre fornito una serie di spunti riguardo a riviste e siti su cui trovare pareri autorevoli su quel che vale la pena leggere, per tenersi informati sulle novità in campo editoriale. C’è tutto un mondo semisconosciuto in fermento, e vale davvero la pena di approfondire. L’editoria è cambiata completamente nell’ultimo secolo, e ancor di più negli ultimi anni: stare al passo con le nuove iniziative è difficile quanto appassionante.

Ma veniamo all’editing in sé: un editor si occupa sia della selezione sia della cura dei testi. Christian ha fatto un paragone che trovo davvero azzeccatissimo: occuparsi di editing è come sostenere un colloquio con i genitori di un nostro alunno. Essendo anch’io – seppur da poco – un’insegnante, ho capito perfettamente cosa intendesse dire (anche perché l’ha spiegato bene, lo ammetto). L’editor è come un insegnante che si trova a discutere con il genitore di un ragazzo, e quest’ultimo non appartiene a nessuno dei due, ma solo a se stesso e al proprio destino. È nell’interesse di tutti trovare un indirizzo adeguato per il ragazzo, dargli la possibilità di crescere, di dare il meglio di sé, di distinguersi nel mondo. Allo stesso modo, l’autore consegna all’editor un testo che andrà valorizzato con la collaborazione di tutti, senza snaturarlo né dargliela vinta per pigrizia. È compito dell’editor dare indicazioni all’autore affinché il testo migliori. Fare editing è dunque un po’ come educare un testo. E va bene, Christian ce l’ha spiegato meglio, ma il concetto è questo.

La seconda parte del workshop prevedeva che lavorassimo sul testo di un autore italiano, Francesco Longo. Ci è stato consegnato un suo vecchio racconto mai pubblicato e mai revisionato, e per tutta la giornata di sabato abbiamo discusso su come migliorare il testo, su come dare forza ai personaggi, come rendere più realistici certi atteggiamenti e certe situazioni, insomma, come rendere il racconto pubblicabile. Il giorno successivo, Francesco si è prestato al massacro venendo ad ascoltare i nostri commenti. È stato molto utile per noi ma – credo – anche per lui, dato che gli abbiamo fatto notare quali immagini non erano chiare, quali incongruenze avevamo riscontrato e così via. Mettere insieme quindici cervelli non è facile, perché ognuno si crea la propria visione dei personaggi e della storia, ed è molto raro che combaci con quella degli altri. Da qui l’immagine che accompagna il post: a un certo punto ognuno si convince della propria verità e cerca di renderla evidente (per non dire sbatterla in faccia, eravamo quasi tutte donne e non siamo state così violente) agli altri, magari scaldando anche un po’ gli animi, ma non temete: è divertente!

Insomma, sono rimasta davvero soddisfatta da questi tre giorni romani pieni di dialogo, di conversazioni letterarie, di consigli, di speranze e passioni condivise. Se ne avete l’occasione, fateci un pensierino per la prossima volta.

Una piccola postilla:
Da traduttrice, ho sempre visto l’editing come poco più di una correzione di bozze: si può cambiare qualche aggettivo, l’ordine delle parole; anche riscrivere una frase, ma mai cambiarne la sostanza. E in effetti quando si tratta di testi tradotti, quindi già pubblicati in un’altra lingua, il rispetto per le scelte dell’autore è imprescindibile. Questo workshop, invece, era incentrato su testi non ancora pubblicati, quindi da migliorare apportando modifiche anche sostanziali, intervenendo sulla trama e sui personaggi e così via. Io tendo a vedere un testo stampato (anche semplicemente da Word) come sacro, in cui si possono correggere errori e sviste ma intoccabile nella sostanza, pur magari accorgendomi dei suoi difetti. Questo corso mi ha aperto la mente e mi ha messa di fronte al grande potere di migliorare un testo cambiando radicalmente un’immagine, una scena, un personaggio. Non so se arriverò mai a fare un lavoro del genere, ma so che adoro discutere delle infinite possibilità che ci offre la letteratura.

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Corsi, seminari, workshop e chi più ne ha più ne metta

https://diariodiunatraduttrice.files.wordpress.com/2012/12/f64b8-a4.jpgI corsi per traduttori letterari sono utili? E in che modo, concretamente?

Questo post nasce dalla mia segnalazione, sulla pagina facebook del blog, di un corso per traduttori letterari organizzato dalla Herzog. Una lettrice ha segnalato che l’agenzia letteraria in questione, per esperienze personali e per averlo sentito riferire da altri, non l’ha convinta. Su facebook io segnalo alcuni dei corsi per traduttori disponibili in Italia, ma vi invito calorosamente a controllare sempre e a documentarvi su Internet riguardo alla serietà degli stessi. E, se ne avete esperienza diretta, siete invitati a commentare: questo blog nasce soprattutto come aiuto per i traduttori, quindi diamoci una mano tra di noi, che là fuori è un brutto mondo.

Detto questo, la lettrice di cui sopra ha anche consigliato, in alternativa, il validissimo corso di specializzazione per traduttori editoriali organizzato dall’agenzia TuttoEuropa di Torino: mi sento di condividere appieno il suo consiglio, avendolo frequentato anch’io. Si tratta di un corso gratuito e molto ben organizzato. Ve ne parlo in breve, prima di trattare l’argomento dei corsi in generale.

Il corso è diviso in due parti: la prima di lezioni vere e proprie, e la seconda di “stage”. Lo metto tra virgolette perché non è un vero e proprio stage in agenzia/casa editrice: si tratta di tradurre un libro insieme agli altri partecipanti. Le case editrici che pubblicano questi testi sono piuttosto importanti: Salani, Marcos Y Marcos, minimum fax, Sellerio e così via. Per questa seconda parte è previsto un impegno full time, anche se, trattandosi di traduzione, gran parte del lavoro va svolto a casa, mandando poi un’autocertificazione con il numero di ore in cui si è lavorato. La gentilissima segretaria vi spiegherà comunque tutto con estrema chiarezza.
Per quanto riguarda la prima parte del corso, invece, ovvero quella dedicata alle lezioni frontali, sono previste quattro ore giornaliere (pomeridiane). Le lezioni sono tenute da traduttori tra i più affermati in Italia, come Paola Mazzarelli, Maurizia Balmelli, Maria Nicola, Norman Gobetti, Susanna Basso, Matteo Colombo e molti altri, oltre a esponenti di case editrici importanti come Einaudi, Adelphi, Feltrinelli, Mondadori. È quindi un’ottima occasione per mettersi alla prova e per farsi valutare e consigliare da professionisti del settore. Il corso è organizzato alla perfezione, in modo molto serio, io ne sono stata completamente soddisfatta. Ogni anno vengono avviati due corsi paralleli, uno per la traduzione dall’inglese e l’altro per una lingua a turno tra francese, tedesco e spagnolo. Quest’anno tocca al tedesco, il prossimo allo spagnolo. Ormai per quest’anno i corsi sono già iniziati, ma il prossimo anno vi avviserò qui sul blog dell’apertura delle selezioni. Questa scuola ha l’enorme vantaggio di essere gratuita, e conosco diverse persone che sono venute a Torino apposta per frequentarla: a quanto mi risulta non ne sono rimaste affatto deluse. E, se ve lo state chiedendo, no, nessuno mi paga per fare pubblicità! Se avete domande, sarò lieta di rispondervi.

Ma a cosa servono, concretamente, i corsi di traduzione editoriale?

Per la mia personale esperienza, quelli all’interno dei vari corsi di laurea specialistica servono a ben poco. Le facoltà più prestigiose in questo campo sembrano essere quelle di Forlì e di Trieste, ma non avendole frequentate posso solo dirvi di informarvi sul web.

Diverso è invece il caso dei corsi post-laurea, come quello dell’agenzia TuttoEuropa di cui sopra: si tratta di veri e propri laboratori in cui tutto gira attorno alla traduzione di testi editoriali. Sono certamente più utili dei corsi universitari per quanto riguarda la conoscenza dell’ambiente. E le opportunità lavorative? Beh, quelle non ve le regala nessuno, ovvio. Diciamo che i corsi servono a entrare nel giro, a vedere un po’ come funzionano le dinamiche editoriali, e perché no, a farsi conoscere un pochino: per me è stata un’enorme soddisfazione quando Susanna Basso, alle Giornate della traduzione letteraria di Urbino, mi ha riconosciuta e salutata calorosamente. A proposito dell’università di Urbino, anche a Misano Adriatico si tiene ogni anno un master in traduzione letteraria. A Pisa, invece, c’è un master di II livello in traduzione di testi post coloniali in lingua inglese. Giusto per nominarne alcuni tra i più conosciuti, ma ce ne sono molti altri. Ricordate che insegnare la traduzione letteraria è possibile solo fino a un certo punto: c’è chi è più portato e riesce a far fruttare i preziosi consigli degli insegnanti e chi, per quanto si impegni, non possiede il famoso orecchio del traduttore: frequentare un corso o un master può aiutarvi a scoprirlo e a capire se la traduzione è davvero la vostra strada oppure no.

Il mio consiglio è di valutare attentamente i corsi che potreste seguire cercando su internet le opinioni di chi li ha frequentati, e poi (tempo e denaro permettendo) di buttarvi: ogni esperienza porta con sé qualcosa di positivo, anche se magari non immediatamente spendibile in termini lavorativi. Per esempio, io sto per frequentare un breve workshop di editing organizzato dalla minimum fax: sono sicura che sarà interessante e proficuo, quando tornerò ve ne parlerò!

Ultima informazione, che spero vi sia utile: sul sito di Biblit è presente, sotto il menu risorse – corsi&residenze, un elenco di gran parte dei corsi di traduzione letteraria esistenti in Italia: dateci un’occhiata e informatevi su internet, uno di questi potrebbe essere il vostro trampolino di lancio! Un occhio di riguardo per i corsi che prevedono uno stage finale, anche se il traduttore lavora quasi sempre come collaboratore esterno, quindi non ha molto senso fare uno stage in casa editrice: ma chissà, potreste trovare altri lavori redazionali che fanno per voi. Tenete presente però che, a quanto mi risulta – e aspetto smentite – l’unico corso completamente gratuito è quello organizzato a Torino dall’agenzia TuttoEuropa.

In bocca al lupo, e se avete esperienze o ulteriori informazioni fatemelo sapere!

PS: Ebbene sì, dopo anni di studio e soprattutto di lavoro sul campo sono diventata anche io tutor di un corso di traduzione editoriale: si chiama Tradurre per l’editoria, e sul sito troverete tutte le informazioni necessarie. È improntato sugli esercizi pratici, e insieme a Rossella Monaco di La matita rossa cercherò di trasmettervi un bel po’ di trucchetti del mestiere, oltre a gettare le basi per conoscere il mondo editoriale dall’interno.

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